No, il Mondo di mezzo non fu mafia. Si conclude con un nulla di fatto, sancito in via definitiva dalla Corte di Cassazione, la crociata della Procura di Roma nei confronti dell’organizzazione criminale di Massimo Carminati e Salvatore Buzzi. La sesta sezione penale, infatti, ha escluso l’aggravante mafiosa che era contestata a diciassette dei trentadue imputati, sostanzialmente confermando quanto avevano già disposto i giudici di primo grado e ribaltando completamente quello che avevano deciso quelli di secondo. Ma capire cosa abbia spinto la Suprema Corte a prendere questa decisione, richiederà del tempo perché bisognerà attendere il deposito delle motivazioni.
Solo a quel punto sarà possibile capire il ragionamento seguito dalla Cassazione anche se, senza rischio di esser smentiti, si può immaginare che non siano stati individuati elementi sufficienti per provare l’accusa di mafiosità. Non solo. Gli stessi giudici potrebbero aver considerato la presenza di due distinte associazioni semplici, una facente capo al ras delle cooperative rosse Buzzi e l’altra all’ex nar Carminati, che avrebbero agito in sinergia ma senza mai diventare una cosa unica. Quel che è certo è che, dopo il terremoto scatenato dal verdetto della Suprema Corte, sarà necessario un nuovo processo di appello, solo per alcuni reati, per rideterminare le pene dei 17 imputati che erano stati condannati per mafia.
FULMINE A CIEL SERENO. Dire che il verdetto fosse inatteso, è poco. Anzi nei corridoi ben pochi credevano che la decisione della Cassazione presa dalla VI sezione penale, presieduta da Giorgio Fidelbo, avrebbe spazzato via completamente le tesi dell’accusa. L’unico a non aver mai cambiato idea, è stato l’avvocato Bruno Naso, difensore di Riccardo Brugia, che sin dal primo giorno del processo aveva definito il procedimento come “un processetto”. Parole che avevano fatto inalberare non poco la Procura di Roma. Chiaro che non lo si possa definire tale perché si parla comunque di un’associazione criminale che ha fatto largo uso di mazzette ma è altrettanto evidente che, venendo a mancare l’elemento fondante dell’intero procedimento, ossia l’articolo 416 bis, non è stato affatto quel processo storico che molti avevano descritto.
LE REAZIONI. In aula per la lettura della sentenza c’era anche la sindaca di Roma, Virginia Raggi, e il presidente della commissione Antimafia, Nicola Morra. Proprio la prima cittadina, sempre presente nei precedenti gradi di giudizio, ha commentato a caldo il dispositivo spiegando che: “Questa sentenza conferma comunque il sodalizio criminale. È stata scritta una pagina molto buia della storia di questa città. Lavoriamo insieme ai romani per risorgere dalle macerie che ci hanno lasciato, seguendo un percorso di legalità e diritti.
Una cosa voglio dire ai cittadini onesti: andiamo avanti a testa alta”. Più duro Morra secondo cui: “Le sentenze si rispettano ma in questo caso le perplessità restano”. Del tutto diverso il punto di vista dell’avvocato Cesare Placanica, difensore di Massimo Carminati, che ha esultato: “Era una storia giuridicamente un pò forzata, per annullare senza rinvio vuol dire che la Cassazione l’ha ritenuta giuridicamente insostenibile”.