A pochi mesi dalle polemiche per le statue capitoline velate in occasione della visita del presidente iraniano Hassan Rohani a Roma lo scorso gennaio, Matteo Renzi è andato a Teheran per una due giorni diplomatica. Con lui, ad accompagnarlo anche il ministro dell’Istruzione Stefania Giannini e il viceministro dello Sviluppo Economico, Ivan Scalfarotto.
Come scrive Repubblica, il premier, “primo fra gli alleati a mettere piede in Iran dopo la fine dell’embargo seguito all’accordo sul nucleare”, è arrivato al complesso presidenziale di Sadabad per incontrare il presidente. E quello del nucleare sarà senz’altro un tema centrale della visita istituzionale. Tanto che lo stesso Renzi ha sottolineato che “la fine delle sanzioni è un passaggio storico per tutta la regione e per tutta l’Europa”. E ha poi aggiunto: “noi siamo impegnati perchè lo sforzo della comunità internazionale sia accompagnato dalla reciproca fiducia e dalla immediata ripartenza dei rapporti economici che sono un elemento fondamentale anche per creare fiducia nei cittadini e dare il messaggio che qualcosa di nuovo si è mosso”.
SOLDI, SOLDI, SOLDI – Ma, ovviamente, i temi saranno innanzitutto economici. Non a caso l’obiettivo, esplicito, di Teheran è quello di tornare a esportare petrolio. Ma il livello tecnologico va modernizzato. E qui entra in gioco l’Italia. E’ stato calcolato dal gruppo assicurativo-finanziario Sace che l’export italiano in Iran potrebbe aumentare di quasi 3 miliardi di euro nel quadriennio 2015-2018 grazie alla fine delle sanzioni e i settori maggiormente interessati sarebbero proprio l’oil and gas, i trasporti e la meccanica strumentale.
Non è un caso che già lo scorso gennaio sono state sottoscritte diciassette intese e l’adozione di una road map per lo sviluppo dei rapporti bilaterali tra Italia e Iran. In particolare uno dei memorandum d’intesa era stato siglato tra il ministero del Commercio e delle miniere iraniano e quello dello Sviluppo economico italiano, carica oggi assunta ad interim dallo stesso Renzi dopo le dimissioni di Federica Guidi.
Ma non basta. Nei mesi scorsi ci sono state diverse missioni di ministri italiani a Teheran. Il primo è stato il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, seguito a stretto giro di posta dall’allora ministro dello Sviluppo economico, Federica Guidi. A fine novembre, invece, è sbarcata a Teheran una nutrita delegazione imprenditoriale guidata dall’ex viceministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda. In quell’occasione lo Sviluppo Economico aveva guidato una delegazione di ben 178 imprese italiane in Iran, paese sciita, sulla carta acerrimo nemico dell’Islam sunnita. Inutile dire che, in un momento in cui l’Isis (sunnita) sta mettendo a ferro e fuoco mezzo mondo, la missione italiana è a dir poco delicata. Nel “gruppone” c’erano anche 12 gruppi bancari, 20 associazioni imprenditoriali e un totale di 370 partecipanti. Davvero niente male.
L’ALTRA FACCIA DELLA MEDAGLIA – L’attenzione sugli interessi economici offusca la questione dei diritti umani su cui diverse associazioni, da Amnesty a Nessuno Tocchi Caino, richiamano l’attenzione del premier. Basti questo: nel 2015 sono state effettuate almeno 970 esecuzioni, un 21,2% in più rispetto alle 800 del 2014 e il 41,2% in più rispetto alle 687 del 2013. Ed è probabile che di tutto questo non si parlerà.