A ogni piè sospinto, maggioranza e governo usano l’aumento dell’occupazione come la prova provata della giustezza del loro operato. Analizzando nel dettaglio i numeri, in ultimo quelli dell’Osservatorio sul mercato del lavoro dell’Inps relativi al periodo gennaio-settembre 2024, però, si scopre che non è tutto rose e fiori. Anzi. Dal calo delle attivazioni ai posti a rischio per le aziende in crisi, ecco i cinque campanelli d’allarme impossibili da ignorare.
- Col freno a mano tirato. Nel complesso, nei primi 9 mesi dell’anno sono stati attivati 6.221.489 rapporti di lavoro mentre ne sono cessati 5.585.683. Calcolatrice alla mano, il saldo positivo è di 635.806 contratti, in calo rispetto ai 749.024 registrati nello stesso periodo del 2023. Non solo. Nel corso del 2024, anche la variazione tendenziale dei rapporti è risultata in diminuzione, passando dai 504.856 di gennaio ai 406.352 di settembre.
- Orizzontale e verticale. Sempre secondo l’Istituto di previdenza, degli oltre 6,2 milioni di contratti attivati nei primi tre trimestri dell’anno, 2,33 milioni sono stati part-time (orizzontale, verticale e misto). In pratica, il 37,51% delle nuove attivazioni è a tempo parziale, a fronte del 36,63% dell’analogo periodo del 2023.
- Triplice fischio. Nello stesso arco temporale, le cessazioni per ragioni economiche sono state 387.677, in aumento del 3,85% rispetto ai 373.305 del 2023. Al contrario, le dimissioni sono state 1.566.546, in calo del 2,75%. Infine, sono risultate in crescita, passando da 3.187.460 a 3.233.469 (+46.009), le cessazioni per fine contratto.
- Alla cassa (integrazione). Tutto ciò premesso, non sorprende il boom di cassa integrazione registrato fra gennaio e settembre 2024, quando sono state autorizzate 350 milioni di ore – ossia il 23,3% in più di un anno fa. La sola Cig ordinaria, usata in caso di eventi transitori determinati da situazioni temporanee di mercato, è aumentata del 30%. In forte stato di sofferenza risultano alcuni comparti: pelli, cuoio e calzature (+139,4% di cassa su base annua), abbigliamento (+124,7%), tessile (+74,6%) e meccanica (+48,3%).
- Sulla graticola. Per la Cgil, sono 118.310 i lavoratori che rischiano il posto a causa delle crisi aziendali. Dai numeri diffusi dal sindacato di Corso d’Italia si evince una crescita esponenziale rispetto al 2023 (58.026). Da Beko ad Almaviva Contact fino a Giano, al Mimit i tavoli aumentano, complice pure la produzione industriale in calo da 21 mesi di fila. E potrebbe non essere finita qui.