Dopo undici mesi di guerra, il Parlamento italiano – ad eccezione di M5S e Avs – ha votato l’ennesimo decreto per fornire armi a Kiev. Arnaldo Lomuti, capogruppo M5S in Commissione Esteri alla Camera, che effetto le fa vedere che senza di voi la parola pace sarebbe sparita dal dibattito politico?
“Non sparita, ma svilita a mera retorica di facciata. Chi parla di pace e nello stesso momento segue la via dell’escalation militare è solo un ipocrita. Chi la pace la vuole veramente deve essere coerente e lavorare per il dialogo, non per alimentare lo scontro. Finora l’Occidente ha perseguito solo la via militare, rinunciando a ogni serio tentativo negoziale, ha pensato a strategie militari per vincere la guerra nella più totale assenza di strategie politiche e diplomatiche per fermarla. Si dice che Putin e Zelensky non vogliono trattare e quindi per ora non ci sono alternative alla guerra, come se la diplomazia non servisse proprio a far dialogare chi non vuole parlarsi. La pace non si fa da sola, ha bisogno di una mediazione vera che finora non c’è stata. E non si tirino in ballo le iniziative individuali di alcuni capi di Stato europei, timide o peggio solo passerelle a sostegno di Kiev: nulla a che fare con un serio lavoro di mediazione diplomatica che non c’è mai stato. Non basta certo qualche telefonata né qualche appello, nemmeno se del Papa, a convincere le parti a trattare. La maggioranza degli italiani chiede pace, non guerra, ed è nostro dovere di parlamentari di una democrazia rappresentativa rappresentare questa posizione”.
Intanto la situazione rischia di precipitare perché dagli Stati Uniti è arrivato il via libera all’invio dei tank Abrams, dalla Germania quello dei Leopard e l’Italia invierà i sistemi missilistici Samp-T. Le sembra una strategia saggia quella di fornire armi sempre più avanzate a Kiev o vede qualche criticità?
“Non è saggio e non è logico proseguire sempre con lo stesso approccio, che aveva senso un anno fa, quando la situazione era completamente diversa, quando c’era un potenza che ha aggredito un Paese debole che da solo sarebbe stato schiacciato in pochi giorni. Ora, dopo che l’Ucraina non solo si è difesa ma è passata al contrattacco, c’è uno stallo che rappresenta un’opportunità per una via d’uscita negoziale che va sfruttato prima che sia troppo tardi, come ha detto non un pacifista ma il capo di stato maggiore delle forze armate americane, generale Mark Milley. Anche il generale Marco Bertolini, veterano di guerra ex comandante della missione Isaf in Afghanistan, di tutte le forze speciali italiane e per anni a capo del nostro Comando operativo interforze, si è detto contrario all’invio di altre armi e per un’immediata soluzione negoziale, dicendo – cito testualmente – che ci stiamo rassegnando ad entrare in guerra, noi europei, noi Nato, contro la Russia. Se si prosegue sulla via del sostegno militare a oltranza, presto ci troveremo a parlare non più dell’invio di armi bensì dell’invio di truppe. Se non fermiamo subito questa guerra finiamo dritti sull’orlo di una terza guerra mondiale. Quindi sì, direi che qualche criticità in questa strategia bellicista c’è: è una follia da irresponsabili Dottor Stranamore!”.
Per rimpolpare gli armamenti ucraini, le nostre riserve sono ormai vuote. Proprio per questo il ministro Crosetto non fa che ripetere che servono investimenti urgenti per ripristinare le nostre scorte. Ma vista la penuria di denaro nelle casse statali, la destra dove pensa di trovare questi fondi?
“Finché c’è guerra c’è speranza, diceva Alberto Sordi nei panni del mercante d’armi. La guerra è sempre stata e sempre sarà un grande affare per i produttori di armi e una gran fregatura per i popoli che alla fine pagano il conto. Con il previsto sesto invio di armi a Kiev l’Italia avrà speso oltre 1,2 miliardi in forniture belliche, che l’Europa ci rimborserà, solo in parte, attraverso un fondo europeo per la pace – nome orwelliano – che è finanziato con soldi nostri: una partita di giro che alla fine farà solo aumentare i bilanci della Difesa. La retorica degli arsenali vuoti e dell’indebolimento delle nostre difese, che in un primo momento ha spaventato anche noi, serve solo per giustificare come necessaria, agli occhi di un’opinione pubblica preoccupata, una corsa al riarmo che ingrasserà i profitti dell’industria bellica a spese dei cittadini. Il governo Meloni non trova i soldi per tagliare le accise sui carburanti ma l’ex lobbista dei produttori d’armi Crosetto è già pronto a battere cassa per ottenere miliardi da investire in nuovi armamenti”.
Lo stesso Crosetto ha detto che è necessario un nuovo modello organizzativo della Difesa che dovrà essere “meno gerarchizzato” e dotato di maggiore “rapidità decisionale”. Cosa ne pensa di queste frasi?
“Il Movimento 5 Stelle non è mai stato contrario a rendere più moderna ed efficiente la nostra difesa a vantaggio di una maggiore sicurezza dei nostri cittadini. Se le parole di Crosetto lo porteranno a tagliare stipendi e pensioni d’oro delle alte gerarchie militari e ad investire quelle stesse risorse per incrementare l’operatività e la prontezza del personale, avrà il nostro pieno sostegno”.
Sempre il ministro ha detto che il ruolo della Difesa italiana non può limitarsi alle sole missioni di pacekeeping ma deve aumentare la propria rilevanza in ambito internazionale. Tutto ciò non le sembra anacronistico?
“Puntare su una politica di potenza militare nazionale, di riarmo nazionale, di spese militari al 2% del Pil nazionale rientra nella logica nazionalista della destra sovranista italiana di cui il ministro Crosetto e tra i massimi esponenti. Ma è in contrasto con ogni logica di difesa comune europea, che in certi ambienti è sempre stata osteggiata perché le industrie militari nazionali preferiscono competere piuttosto che cooperare e fanno più soldi con duplicazioni e sprechi che con economie di scala”.
In definitiva qual è il suo giudizio sull’operato del governo in fatto di politiche militari ed estere?
“La patriottica Meloni si è presentata alle elezioni dicendosi ‘pronta’ a difendere gli interessi dei cittadini italiani, ma si è subito dimostrata prona – ha perso la t sulla via di Palazzo Chigi – solo agli interessi della lobby industriale militare nazionale, che fino alle elezioni era guidata dall’attuale ministro della Difesa, ma anche, in perfetta continuità con il governo Draghi, alla linea bellicista di Washington, pericolosissima e palesemente contraria agli interessi dell’Europa”.