Ieri non è stato proprio un giorno fortunato per Matteo Salvini. Il Senato ha votato a favore dell’autorizzazione a procedere per la vicenda Gregoretti, adesso dovrà essere giudicato dai giudici di Catania per il reato di sequestro di persona, aggravato dalla qualifica di pubblico ufficiale, dall’abuso di poteri inerenti alle funzioni esercitate, nonché di avere commesso il fatto in danno di soggetti minori di età. Aggiungiamoci pure che a fine mese arriverà in Giunta delle immunità al Senato pure la richiesta di autorizzazione a procedere per il caso della Ong spagnola Open Arms.
Ma al di là dei reati contestati riguardanti l’immigrazione altre grane potrebbero scaturite dalla vicenda Russiagate. Proprio quando tutti si aspettavano la chiusura dell’inchiesta sulla trattativa all’hotel Metropol di Mosca, i pm di Milano titolari del fascicolo sulla presunta corruzione internazionale per far entrare una pioggia di denaro nelle casse del Carroccio, hanno ottenuto una proroga delle indagini di sei mesi. Una mossa che fa capire come questo caso giudiziario, in cui sono indagati l’ex portavoce di Salvini e presidente dell’associazione LombardiaRussia Gianluca Savoini (foto a destra), l’avvocato Gianluca Meranda e l’ex bancario Francesco Vannucci, sia tutt’altro che finito e che potrebbe portare ad ulteriori sviluppi.
Ma soprattutto dimostra, per l’ennesima volta, quanto fosse fuori strada il Capitano quando bollava il procedimento come una baggianata. Anzi ora sembra proprio che il leader della Lega farebbe bene a prendere la cosa sul serio perché, a cadenza regolare, spuntano nuovi particolari che aggiungono interrogativi. Infatti, per quanto la richiesta di prorogare le indagini sia tutt’altro che rara in un procedimento penale, in questo caso non sembra trattarsi di una semplice formalità: i pm stanno cercando di risalire alla rete di contatti usata da Savoini, considerato l’uomo chiave in questa storia.