Da un lato la difesa a spada tratta della cancellazione dell’abuso d’ufficio e le idee discutibili sulla Giustizia, dall’altro la fantasiosa soluzione di chiedere la modifica dei parametri con cui vengono stilate le classifiche sulla corruzione per permettere all’Italia di risalire in graduatoria. Sembra uno scherzo e invece è quanto emerso dalle comunicazioni alla Camera del ministro Carlo Nordio.
Nordio vuole modificare i parametri con cui vengono stilate le classifiche sulla corruzione per permettere all’Italia di risalire in graduatoria
Parlando della convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione in cui “il nostro Paese figurava tra gli ultimi posti in termini di affidabilità sulla corruzione”, il guardasigilli ha spiazzato tutti affermando che tale valutazione si fondava su “un criterio sbagliato”. Per questo “abbiamo spiegato che i criteri di corruzione percepita non corrispondono affatto a quella reale” e così “l’Italia risalirà nella graduatoria internazionale proprio perché abbiamo detto che i parametri sono sbagliati”. Insomma più che pensare a una stretta sui reati della Pubblica amministrazione, il ministro ha preferito prendere una scorciatoia chiedendo di riscrivere le regole del gioco che, altrimenti, ci punirebbero.
Del resto che questa sia la strada portata avanti dal governo di Giorgia Meloni lo ha ribadito poco dopo spiegando che “l’intero sistema di reati contro la Pa è obsoleto” con “l’esempio più eclatante che è proprio quello dell’abuso di ufficio” il quale “è stato modificato quattro, cinque, sei volte, senza mai raggiungere risultati”. Per questo la soluzione, a suo dire, non può che essere quella di abolirlo malgrado i dubbi dei magistrati, dei giuristi e perfino dell’Unione europea.
L’Italia è ultima in Ue per la diffusione delle mazzette. Per Nordio il dato si basa su “criteri sbagliati”
Ma Nordio tira dritto e negando ogni scontro con Bruxelles aggiunge che “se non è possibile contestare l’abuso di ufficio” allora “si contesta il reato di corruzione” e questo “significa non partire dal reato per trovare il reo, ma significa partire dal reo che si ha in mente per cercare un reato e questa è una bestemmia giuridica”. Che l’abuso d’ufficio sia un tema spinoso lo sa bene il guardasigilli che poi aggiunge: “Cinquemila e passa procedimenti all’anno per un reato di abuso d’ufficio significa il 10% di deflazione dei processi penali, perché il processo di abusi d’atti d’ufficio è uno dei più lunghi e dolorosi che esistano. (…) E alla fine cinquemila e passa processi si concludono con al massimo cinque condanne”.
Dati che dovrebbero dirla lunga sull’importanza del reato come anche della necessità di meglio tipizzarlo, come chiedono gli stessi magistrati, anziché depennarlo completamente dall’ordinamento giudiziario come deciso dal governo. Ma Nordio è un fiume in piena e nel suo intervento affronta anche il nodo spinoso delle captazioni telefoniche assicurando che “non saranno mai toccate le intercettazione nelle inchieste su mafia, terrorismo o gravi reati ma una razionalizzazione della spesa è necessaria”.
E poco dopo, lasciando di sasso l’intera Aula, ha aggiunto che “rischiamo di cadere in un nuovo barbaro medioevo reso più sinistro e duraturo da limiti o risorse della tecnologia. Oggi c’è molto di più dei trojan. Per fortuna una sentenza della Corte costituzionale ha definito il cellulare qualcosa di molto più importante. Chi sequestra un cellulare, sequestra una vita”. Peccato che il sequestro di un telefono non sia altro che un passo spesso necessario per accertare la verità e che sia anche – e soprattutto – una garanzia per l’indagato stesso perché, se incolpevole, potrà essere scagionato.
Cafiero de Raho: “Desolante ciò che sta avvenendo nel mondo della giustizia”
Inevitabile che davanti a tanti temi, i partiti di minoranza abbiano mostrato tutto il loro disappunto. Il deputato M5S, Federico Cafiero de Raho, prendendo la parola ha detto che è “desolante ciò che sta avvenendo nel mondo della giustizia – dice De Raho – Inorridisce lo sviluppo del piano strategico teso a indebolire la lotta alla corruzione, che è oggi lo strumento utilizzato dalla mafie per l’acquisizione degli appalti”. Poi ha tuonato, scatenando l’ira della maggioranza, contro “l’attenzione ossessiva del governo sulla pubblicazione e sulla informazione del contenuto delle intercettazioni. Il silenzio, sulle ordinanze di custodia cautelare, lo riteniamo molto grave. Il silenzio sui contenuti delle intercettazioni ostacola la prevenzione dei reati perché ostacola la conoscenza. Lei ministro, la presidente Meloni e la maggioranza tutta, sapete che il silenzio è omertà e sapete che le mafie si proteggono con l’omertà”.
E ancora: “La vostra politica è un favore alle mafie. Voi fate quello che le mafie sui loro territori impongono con l’intimidazione, zittite la stampa e le persone. Mai le mafie hanno avuto un trattamento così favorevole”. Dura anche Stefania Ascari, capogruppo M5S in Commissione Antimafia, secondo cui sulla Giustizia “il vostro è un progetto a beneficio solo di alcuni e a danno di tanti cittadini e cittadine. State creando sacche di impunità nei reati contro la Pa e smantellando quanto di buono era stato costruito negli anni precedenti”. È risaputo – osserva – che la corruzione costituisca ormai una delle principali porte di ingresso della criminalità organizzata, interessata sempre di più ad insinuarsi nella gestione delle risorse pubbliche e nell’economia legale. Chiediamo di abbandonare questa visione classista della giustizia”.
Sulla stessa linea il deputato di AVS e co-portavoce di Europa Verde Angelo Bonelli, che si è scagliato contro Nordio spiegando che “la sua affermazione che tagliare le intercettazioni, eliminare l’abuso d’ufficio e riformare la prescrizione rappresentino il massimo esempio di riforma è preoccupante. Queste misure sembrano più un attacco alla giustizia e un aiuto ai reati di corruzione che un sostegno a chi lotta contro la criminalità organizzata”. Poi, concludendo, ha detto che “la visione del Ministro cambia radicalmente l’approccio alla giustizia in Italia” e ora “ci troviamo di fronte a una svolta che depone a favore del depotenziamento e della delegittimazione dell’autorità giudiziaria” che non può essere accettata.