Non bastava la Libia, dall’Italia motovedette pure alla Tunisia

La denuncia dell'Asgi: sei imbarcazioni per il pattugliamento alla Garde Nationale della Tunisia. Nonostante il nodo dei diritti umani.

Non bastava la Libia, dall’Italia motovedette pure alla Tunisia

L’Italia ci ricasca. Come se la lezione libica non fosse bastata il governo italiano si appresta a regalare motovedette alla Tunisia, Paese che viola sistematicamente i diritti umani dei migranti. Un déjà-vu che sa di tragica farsa, se non fosse che a farne le spese saranno ancora una volta le vite di migliaia di persone in fuga. Ma andiamo con ordine.

La notizia arriva dall’Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione (Asgi), che denuncia come il governo italiano abbia disposto il trasferimento di sei imbarcazioni per il pattugliamento delle coste alla Garde Nationale tunisina. Un regalo avvelenato che, dietro la retorica della cooperazione internazionale, nasconde la solita logica dell’esternalizzazione delle frontiere. Ma facciamo un passo indietro. Lo scorso dicembre il governo italiano ha dato il via libera alla cessione delle motovedette. Una decisione che ha subito sollevato le proteste delle associazioni per i diritti umani, ben consapevoli di cosa significhi armare le guardie costiere di paesi che non brillano certo per il rispetto dei diritti fondamentali.

Il ricorso contro le motovedette alla Tunisia

A marzo un gruppo di organizzazioni della società civile ha presentato ricorso al tribunale amministrativo, chiedendo di valutare la legittimità degli atti con cui il ministero dell’Interno ha disposto la cessione. Il Consiglio di Stato, dopo un iniziale stop cautelare, ha però dato semaforo verde all’operazione lo scorso 4 luglio. Secondo i giudici, il trasferimento delle motovedette e la formazione del personale tunisino potrebbero addirittura contribuire “all’innalzamento dei livelli di tutela e salvaguardia dei migranti in mare”. Una tesi criticata però dalle associazioni, se si considera la situazione drammatica in cui versano i migranti in Tunisia.

Come riporta l’Asgi, nel 2023 ben il 62% degli arrivi via mare in Italia proveniva dalla Tunisia. Numeri che parlano chiaro: quasi 100mila persone in fuga da un paese che, lungi dall’essere “sicuro”, si sta trasformando in una nuova Libia. Le testimonianze raccolte descrivono un quadro agghiacciante: la Garde Nationale tunisina agirebbe in collusione con i trafficanti, adottando metodi violenti come l’uso di armi per minacciare i migranti o il sabotaggio delle imbarcazioni.Una volta riportati a terra, i migranti subiscono deportazioni di massa verso Libia e Algeria, finendo in un circolo vizioso di violenze e abusi. Gli esperti Onu hanno più volte condannato queste pratiche, chiedendo al governo tunisino di fermare immediatamente le espulsioni. Richieste cadute finora nel vuoto.

Le violazioni

Ma l’Italia fa finta di nulla e procede spedita con il suo piano, ignorando gli allarmi lanciati dalla comunità internazionale. D’altronde la Tunisia è stata inserita nella lista dei “paesi di origine sicuri” dal ministero degli Esteri, nonostante lo stesso dicastero nella sua scheda informativa riporti le preoccupazioni Onu sui trattamenti discriminatori e i decessi di migranti alla frontiera libico-tunisina.

Un cortocircuito kafkiano in cui la realtà viene piegata alle esigenze della Realpolitik. Poco importa se la Tunisia non può essere considerata un “luogo di sbarco sicuro” secondo le convenzioni internazionali. L’importante è fermare i flussi, costi quel che costi.