Rilievi infondati e… affondati. Il decreto voluto dal ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, contro le scarcerazioni facili, supera il vaglio della Corte Costituzionale. I giudici della Consulta hanno stabilito che il provvedimento varato dal Governo lo scorso maggio, dopo le polemiche seguite alle scarcerazioni di alcuni boss mafiosi legate all’emergenza Covid. Di conseguenza, al termine della camera di consiglio di ieri, sono state dichiarate infondate le questioni sollevate dal tribunale di sorveglianza di Sassari e dai magistrati di sorveglianza di Spoleto e di Avellino.
La norma sottoposta al vaglio della Consulta impone ai giudici di sorveglianza di verificare periodicamente la perdurante sussistenza delle ragioni che giustificano la detenzione domiciliare per motivi di salute: per questo, i magistrati sono tenuti ad acquisire una serie di documenti e pareri, in particolare da parte dell’Amministrazione penitenziaria, della Procura nazionale antimafia e della Procura distrettuale antimafia.
La sentenza, con le relative motivazioni, sarà depositata nelle prossime settimane, ma dalla Consulta fanno sapere che la Corte ha ritenuto che la disciplina delineata con il decreto anti-scarcerazioni “non sia in contrasto con il diritto di difesa del condannato né con l’esigenza di tutela della sua salute né, infine, con il principio di separazione tra potere giudiziario e potere legislativo”. In attesa delle motivazioni, la sentenza è stata accolta con “grande soddisfazione” dal ministro Bonafede.