Ho simpatia per i palestinesi, ma non me la sento di assolvere Hamas. Non si può essere amici dei terroristi.
Livio Serra
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Gentile lettore, bisogna che ognuno di noi si sottragga al ricatto subculturale per cui se non sei d’accordo sulle cause della guerra in Ucraina, sei un putiniano e se non sei d’accordo con la politica di Israele, sei antisemita. Con Hamas idem: se non le attribuisci la colpa esclusiva di tutto, sei amico dei terroristi. Non ci vuole molto per capire che fenomeni complessi – guerre, crisi internazionali – non hanno risposte semplici, il bianco qua e il nero là. Hamas è un partito politico e confessionale, come ce ne sono anche in Europa (per esempio la Cdu/Csu tedesca o la Dc italiana), ma contiene anche un certo grado di fanatismo che è riprovevole (e ce n’è tanto anche nelle chiese integraliste cristiane, soprattutto in Usa). Detto questo, uccidere civili, anche in un’insurrezione armata come quella del 7 ottobre, è un crimine. Né basta appellarsi al fatto che alcune di quelle vittime sono morte per il fuoco amico nelle sparatorie incrociate. Però non possiamo tacere che la rivolta di Hamas “non nasce dal nulla”, come ha detto Guterres. E non possiamo tacere che, nella gerarchia degli orrori, quello israeliano li supera tutti. Nei primi 18 giorni di bombe su Gaza Israele ha ucciso più bambini di quanti ne sono morti in un anno nei conflitti di tutto il mondo: 2800, cioè 155 al giorno, uno ogni 10 minuti. Questo è un crimine senza eguali, da far impallidire Hitler, Stalin e Pol Pot. A chi mi chiede “Sei amico di Hamas?”, io rispondo: no, sono amico dell’umanità.
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