Quando sarà necessario lo Stato metterà ancora denaro nel Monte dei Paschi di Siena, ma presto o tardi l’Istituto sarà privatizzato. A dirlo, insieme a molte altre informazioni sul destino della banca dopo il fallimento del matrimonio con Unicredit (leggi l’articolo), è stato ieri il direttore generale del Tesoro, Alessandro Rivera (nella foto), ascoltato dalle Commissioni Finanze di Senato e Camera.
Dopo lo stop alla trattativa che sembrava poter arrivare entro l’anno a conclusione, Rivera ha confermato la richiesta alla Commissione europea per ottenere una proroga rispetto all’uscita del Ministero dell’Economia dall’azionariato di Mps (oggi ne è il maggiore azionista). Una proroga “di durata adeguata e in questo momento non quantificabile”, ha precisato il direttore generale del Mef.
Con una certezza: “La permanenza sine die nel capitale della banca non è uno scenario ipotizzabile”, ha detto facendo riferimento agli obblighi derivanti dall’impianto normativo europeo. “Quindi a prescindere da quale sia la tempistica nuova da ridefinire della soluzione, la privatizzazione costituisce in ogni caso un punto di arrivo necessario”.
VA CONVINTA BRUXELLES. Per arrivare a questo obiettivo bisognerà però resistere chissà quanto tempo. Per questo Rivera ha ammesso che occorrerà consolidare un piano convincente per l’Autorità di vigilanza, che dovrà valutare le esigenze di capitale e la solidità della banca in prospettiva. Un piano credibile, che tradotto in atti concreti significa nuove immissioni di risorse pubbliche. E pazienza se nel frattempo per risparmiare si taglierà sulle pensioni.