I suoi vecchi compagni di strada hanno trovato lavoro (e che lavoro) in banca. Uno, l’ex ministro dell’Economia Piercarlo Padoan a capo di Unicredit, l’altro Marcello Messori presidente in Allianz. Nicola Rossi, anche lui un tempo consulente di Massimo D’Alema a Palazzo Chigi, è invece stato assunto da Giorgia Meloni.
Il D’Alema boy Nicola Rossi svolta a destra. L’ex consulente del Lìder Maximo si occuperà di Pnrr. Stipendio da 50mila euro
Per uno stipendio di 50mila euro all’anno fino alla fine del 2026 svolgerà “attività di supporto e consulenza in materia economica, con riferimento all’attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza in complementarietà con le politiche di coesione, anche attraverso lo studio e l’analisi delle valutazioni di impatto degli investimenti e delle riforme incluse nel Piano, in termini macroeconomici e con riferimento agli obiettivi concordati a livello europeo”. Un incarico che comporta il supporto della Struttura di missione sul Pnrr nell’individuazione di eventuali criticità nell’attuazione dello stesso e nell’elaborazione delle proposte utili al loro superamento.
L’economista pugliese già dalemiano di ferro si fa i complimenti da solo sul Foglio
Missione ardua ma già fioccano i risultati almeno a sentire Nicola Rossi che si fa i complimenti da solo: a meno di improbabili omonimie è proprio l’economista pugliese già dalemiano di ferro oggi entrato nelle grazie di Raffaele Fitto a firmare una lunga articolessa pubblicata ieri dal Foglio in cui sostiene che dopo i pasticci combinati sin qui dai precedenti governi a partire da quello presieduto da Giuseppe Conte e poi pure da Mario Draghi, finalmente ora il Pnrr viaggia sul binario giusto.
“L’attuale legislatura ha finalmente preso atto di circostanze oggettive cercando di porvi riparo con le iniziative adottate nel corso degli ultimi mesi e, in particolare, con la revisione del Pnrr stesso. Al di fuori di ogni polemica politica, è sorprendente che lamenti oggi i ritardi nell’attuazione del Pnrr chi, negli anni passati, ne aveva certificato le difficoltà di attuazione senza peraltro trarne tutte le conseguenze e adottare per tempo tutte le necessarie contromisure”.
L’economista pugliese condivide con Padoan e Messori la nomea di blairiano alle vongole
Ma il peggio è ormai alle spalle, dovendosi intendere con peggio le scelte fatte in passato dal 2020 in poi, come Rossi ha ripetuto per mesi in tv tuonando sulla “irresponsabile e sconsiderata decisione del governo dell’epoca di raccattare ogni risorsa disponibile lasciando immaginare agli italiani che si trattasse di risorse provenienti dall’albero degli zecchini d’oro di Pinocchio che non a caso si trovava nella città di Acchiappacitrulli”.
Posizioni che hanno contribuito non poco a proiettarlo nell’orbita meloniana a dispetto del Mes (su cui invoca l’immediata ratifica), ma soprattutto la pregressa vicinanza con il Lidèr Maximo (D’Alema) e il passato di parlamentare eletto con il Pd: il 13 giugno ha firmato il contratto di consulente della struttura di missione sul Pnrr in cui sono stati reclutati anche due altri pugliesi, Giuseppe Pirlo, già rettore vicario dell’Università Aldo Moro di Bari, e Federico Pirro, anche lui accademico, animatore di un centro studi sulla valorizzazione dell’industria nel Mezzogiorno e un passato di amministratore in imprese pubbliche e private, di consulente di due o tre presidenti della Regione Puglia, oltre che del ministro delle Infrastrutture, il dem Graziano Delrio.
E chissà se si formerà un nuovo terzetto a Palazzo Chigi. Come quello tra Nicola Rossi, Padoan e Messori che nel ‘98 avevano dato alle stampe, con prefazione di D’Alema, le celebri proposte per l’economia italiana, quelle delle liberalizzazioni che promettevano di essere solidali. Una sorta di terza via tra marxismo e capitalismo che poi non s’è mai trovata: ai tre invece è rimasta appiccicata per sempre la nomina di blairiani alle vongole.