Sembra proprio che Benjamin Netanyahu non si sia fatto sfuggire l’opportunità di una Casa Bianca più accondiscendente, poiché guidata dall’amico Donald Trump, per condurre il conflitto in Medio Oriente nel modo che reputa più congeniale per gli interessi di Israele. Con una mossa che era nell’aria, dopo ben tre telefonate tra il primo ministro dello Stato ebraico e il presidente eletto degli Stati Uniti, in cui quest’ultimo gli ha garantito il suo supporto “incondizionato”, il capo di Stato maggiore dell’esercito israeliano, Herzi Halevi, ha approvato l’espansione dell’invasione via terra nel sud del Libano meridionale.
A riferirlo è l’emittente statale israeliana Kan, che cita funzionari militari e di sicurezza di Tel Aviv, secondo cui fino a qualche settimana fa in Israele si stava prendendo in considerazione l’idea di annunciare la fine dell’offensiva di terra. Ora, però, con la vittoria del repubblicano nelle presidenziali americane, Halevi ha operato un netto cambio di strategia, dando il via libera a nuovi ordini per espandere l’assalto, che potrebbe includere altre migliaia di soldati.
Netanyahu sfrutta l’effetto Trump e annuncia l’allargamento dell’offensiva terrestre in Libano
Insomma, in Medio Oriente la tensione resta alta e la guerra, a dispetto di quanto si creda, sembra sempre più lontana dal suo epilogo. Del resto, la situazione sul campo di battaglia dimostra che le operazioni militari dello Stato ebraico – e forse i presunti crimini di guerra connessi – non solo continuano a verificarsi, ma stanno subendo una forte accelerazione. Ancora una volta, le forze armate (Idf) di Netanyahu hanno preso di mira il campo profughi di Nuseirat, nel centro della Striscia di Gaza, dove un intenso bombardamento ha causato almeno sei vittime, tra cui spicca anche un minore.
Come accade da un anno a questa parte, da Tel Aviv fanno sapere che si trattava di un covo di terroristi, mentre l’agenzia di stampa ufficiale palestinese Wafa nega tutto e parla di un attacco che ha preso di mira una tenda di sfollati. Gli attacchi israeliani hanno colpito anche il sud del Libano, inclusa la capitale Beirut, e il villaggio di Shinshar, alla periferia di Homs, in Siria. I raid continui hanno provocato la risposta dell’asse della resistenza filo-iraniana, con i combattenti di Hamas e quelli di Hezbollah che hanno lanciato numerosi razzi verso Israele, causando lievi danni e nessun ferito. Anche i ribelli Houthi dello Yemen e le milizie sciite in Iraq hanno preso di mira Gerusalemme, dove alcuni missili, intercettati dal sistema difensivo Iron Dome, hanno causato alcuni incendi.
Il dramma infinito dei palestinesi
Davanti alla recrudescenza dell’offensiva in Medio Oriente, a preoccupare è anche – se non soprattutto – la drammatica situazione dei civili. A riportare l’attenzione su questo delicato punto è stata la ministra degli Esteri tedesca, Annalena Baerbock, secondo cui “mai negli ultimi 12 mesi sono arrivati così pochi aiuti alla Striscia di Gaza come adesso. Il diritto di Israele all’autodifesa è limitato dal diritto internazionale umanitario. Questo include il fatto che l’accesso umanitario deve essere garantito in ogni momento e non deve mai diventare un mezzo di guerra. Più volte sono state fatte promesse che non sono state mantenute”.
Baerbock ha poi aggiunto che “in seguito alle nostre forti pressioni e all’ordine della Corte internazionale di giustizia, il governo israeliano ha voluto inondare Gaza di aiuti umanitari. Ed è questo che deve avvenire, senza scuse”. Il problema è che il flusso di aiuti si è assottigliato dopo pochi giorni, al punto che ora sono pressoché fermi. La ministra tedesca ha chiesto a Netanyahu “l’apertura urgente di tutti i valichi di frontiera verso Gaza per gli aiuti umanitari”.