Da un lato il pressing degli Stati Uniti per arrivare a un cessate il fuoco a Gaza, dall’altro quello dei ministri oltranzisti di Tel Aviv che non ne vogliono sapere e minacciano una crisi di governo se Benjamin Netanyahu non porterà a termine l’annunciata offensiva su Rafah. Sono ore difficili per il primo ministro di Israele che appare sempre più solo e schiacciato tra due fuochi.
Netanyahu in crisi nera
Per accontentare le richieste di Joe Biden, arrivate al culmine di settimane di pressing e a seguito di una telefonata di fuoco, il leader dello Stato ebraico si era piegato annunciando il ritiro delle truppe dal sud della Striscia di Gaza, appare ben diversa e problematica è la situazione interna al suo esecutivo.
“Se Netanyahu decide di porre fine alla guerra senza un attacco esteso a Rafah per sconfiggere Hamas, non avrà il mandato per continuare a servire come primo ministro” ha tuonato il ministro della sicurezza nazionale e leader di destra radicale, Itamar Ben Gvir.
Stessa posizione espressa dall’altro ministro delle Finanze, anche lui legato alla destra radicale di Sionismo religioso, Bezalel Smotrich che ha convocato una riunione del suo partito per valutare la situazione dopo l’annuncio dell’esercito del ritiro da Khan Yunis, nel sud di Gaza, e il possibile abbandono del piano di attacco a Rafah che, secondo lui, “sta avvenendo sotto la pressione internazionale che danneggia lo slancio della guerra e i nostri interessi di sicurezza”.
Le famiglie degli ostaggi contro il primo ministro israeliano
A complicare le cose per Netanyahu ci si mettono anche le famiglie degli ostaggi israeliani che hanno replicato alle dichiarazioni dei ministri di estrema destra Ben-Gvir e Smotrich affermando che “la vittoria assoluta si otterrà con l’accordo adesso e non a Rafah”.
In particolare hanno criticato i due ministri “per aver dimenticato cosa significa essere ebrei e il valore del riscatto dei prigionieri”, e hanno aggiunto che “coloro che rappresentano una minoranza estrema stanno sacrificando 133 ostaggi destinandoli alla morte in nome del fanatismo messianico. Il popolo di Israele vuole che gli ostaggi tornino a casa, ed è inconcepibile che gli interessi della coalizione possano spingere Netanyahu a ostacolare ancora una volta un accordo”.