Dopo giorni di riflessione e assedio di Gaza, alla fine l’offensiva terrestre di Benyamin Netanyahu è iniziata davvero. È successo ieri sera quando l’esercito israeliano, dopo l’improvvisa decisione di anticipare di 12 ore la scadenza dell’ultimatum – che inizialmente era prevista per questa mattina e che sia l’Onu che l’Ue avevano chiesto di prolungare – a lasciare la Striscia di Gaza, ha fatto il suo ingresso con migliaia di carri armati e fanteria.
Il blitz, secondo quanto fa sapere l’esercito di Tel Aviv, prevede una serie di “attacchi mirati” alle postazioni conosciute e in mano ai terroristi di Hamas nella speranza di salvare quanti più ostaggi possibili. Difficile capire cosa stia succedendo anche se, al momento in cui scriviamo, i combattimenti sarebbero limitati. Ma appare altrettanto chiaro che la situazione è in evoluzione e, purtroppo, destinata a peggiorare.
Il grande esodo
Un’operazione che si preannuncia durissima – così da punire i terroristi per il vile attentato di sabato scorso – ed estremamente complicata come ha fatto capire il comando di Tel Aviv avvertendo i palestinesi che “l’esercito colpirà in modo significativo l’area della città di Gaza nei prossimi giorni”, invitando la popolazione a non interrompere il disperato esodo verso il sud del Paese.
Parole che Hamas ha bollato come “propaganda”, invitando i residenti a restare nelle proprie abitazioni, ma che per fortuna sono state prese molto seriamente dai palestinesi che per tutta la giornata di ieri a decine di migliaia – molti dei quali a piedi – si sono messe in cammino per portarsi quanto più lontano possibile dalla zona che di lì a poco è diventata territorio di guerra.
Accuse pesanti
Quel che è certo è che la situazione per la popolazione palestinese è a dir poco critica. Il primo ministro palestinese, Mohammed Shtayyeh, ha accusato Israele: “Il nostro popolo a Gaza sta subendo un genocidio, Gaza è diventata un’area disastrata”. Difficile dargli torto visto che nelle ultime ore Human rights watch e il Washington Post hanno accusato l’esercito israeliano di aver colpito la Palestina con le terribili ‘armi al fosforo’. Accuse che Tel Aviv ha bollato come fake news ma che il quotidiano americano ha poi ulteriormente confermato pubblicando un video inequivocabile.
Parole a cui si è accodato il ministro degli Esteri iraniano, Hossein Amir-Abdollahian, secondo cui “nel caso continuino i crimini di guerra ed il blocco umanitario a Gaza e alla Palestina, è possibile ogni decisione da parte delle altre correnti della resistenza”, aggiungendo che “bisogna rompere l’assedio imposto sulla Striscia di Gaza” e “fare di tutto per portare aiuti umanitari” alla popolazione della Striscia. Intanto per tutta la giornata sono continuati gli scambi di artiglieria tra Israele e Libano. Combattimenti in cui ha perso la vita anche un reporter della Reuter e sono rimasti feriti anche tre giornalisti di Al Jazeera. Bombardate anche postazioni nemiche in Siria e in Cisgiordania.
Venti di guerra
A preoccupare è, però, il rischio di un’escalation che appare sempre più probabile dopo l’ingresso delle truppe israeliane in Palestina. Il ministro dell’Informazione del Libano, Ziad Makari, ha detto che il governo è impegnato a “studiare la possibilità di essere pronto per – Dio non voglia – un deterioramento della situazione”.
Il problema è che nel Paese c’è Hezbollah che in queste ore, per bocca dello sceicco Naim Qassem, ha alzato il tiro: “Stiamo seguendo i movimenti del nemico. Siamo pienamente preparati e interverremo quando sarà il momento”. Tensioni che, però, non sono confinate alla sola Striscia di Gaza visto che cresce anche il rischio attentati nel resto del mondo. Ieri, infatti, un funzionario dell’ambasciata israeliana a Pechino è stato accoltellato mentre in Francia è stata uccisa una professoressa da un terrorista islamico che è stato subito arrestato.