Netanyahu riporta la guerra a Gaza causando una carneficina e dopo rifiuta la proposta di tregua di Hamas: “Non ci sono le condizioni per la pace”

Netanyahu riporta la guerra a Gaza causando una carneficina e dopo rifiuta la pace proposta da Hamas: "Non ci sono le condizioni"

Netanyahu riporta la guerra a Gaza causando una carneficina e dopo rifiuta la proposta di tregua di Hamas: “Non ci sono le condizioni per la pace”

Davanti al perdurante stallo nei negoziati di pace e al continuo scambio di accuse tra Hamas e Benjamin Netanyahu sul presunto sabotaggio dell’intesa, era chiaro a tutti che, presto o tardi, la guerra sarebbe tornata a sconvolgere Gaza.

Quello che nessuno si aspettava, però, è la violenza con cui sono ripresi i combattimenti: l’esercito israeliano (IDF) ha lanciato una gigantesca operazione – evidentemente preparata con cura da settimane – che ha messo a ferro e fuoco l’intera Striscia, causando, secondo un bilancio purtroppo ancora provvisorio, almeno 413 vittime, tra cui figurerebbero anche il premier di Gaza e un ostaggio israeliano. Spaventoso anche il numero dei feriti, che nell’arco di poche ore sarebbero saliti a oltre 500 unità.

Netanyahu riporta la guerra a Gaza causando una carneficina e dopo rifiuta la proposta di tregua di Hamas

Come rivelato da funzionari dell’IDF, a ordinare le nuove operazioni militari, denominate “Forza e Spada”, sono stati il primo ministro di Israele, Benjamin Netanyahu, e il ministro della Difesa, Israel Katz. Secondo l’esercito di Tel Aviv, il blitz si è reso necessario per via di alcuni “movimenti sospetti” dei miliziani di Hamas, intenti a preparare “pesanti attacchi contro Israele”. Una tesi rigettata con forza dal gruppo palestinese, che ha invece puntato il dito contro gli Stati Uniti, ritenendoli “pienamente responsabili” della nuova offensiva israeliana.

Di tutta risposta, l’amministrazione di Donald Trump, per bocca del portavoce del Consiglio di Sicurezza Nazionale della Casa Bianca, Brian Hughes, ha prima ammesso di essere stata avvertita in anticipo da Netanyahu e di aver dato il proprio benestare all’operazione militare, per poi scaricare le colpe su Hamas: “Avrebbe potuto rilasciare gli ostaggi per estendere il cessate il fuoco, invece ha scelto di rifiutare la proposta e quindi di tornare in guerra”. Quel che è certo è che Tel Aviv, almeno a parole, sembra decisa a combattere a lungo: l’ambasciatore israeliano presso le Nazioni Unite, Danny Danon, ha dichiarato che i combattimenti proseguiranno “fino alla restituzione di tutti gli ostaggi” e alla definitiva distruzione di Hamas.

Senza speranza

A confermare questa strategia è stato anche il portavoce del ministero degli Esteri israeliano, Oren Marmorstein, spiegando che questi primi raid non sono che un assaggio di quello che verrà, poiché “d’ora in poi, Israele agirà contro Hamas con crescente intensità militare”.

Ma non è tutto. Con questi raid, almeno stando alle dichiarazioni pubbliche dell’amministrazione Netanyahu, è stata spazzata via ogni possibilità di accordo per proseguire con la tregua. Secondo quanto riferisce la rete Al-Arabiya, infatti, Israele ha informato i mediatori impegnati nei colloqui di pace con Hamas che, ‘per il momento’, intende respingere ogni ipotesi di cessate il fuoco. La trattativa di pace, dunque, sembra irrimediabilmente compromessa.

Israele diviso tra gioia e dolore

Con la ripresa delle ostilità, è tornato a irrompere sulla scena politica israeliana anche l’ex ministro e leader dell’estrema destra, Itamar Ben-Gvir, che a gennaio aveva deciso di dimettersi in aperto contrasto con la decisione di Netanyahu di siglare il cessate il fuoco con il movimento palestinese. Secondo lui, il ritorno ai combattimenti “è il passo giusto, morale, etico e più giustificato, per distruggere Hamas e riportare indietro i nostri ostaggi”.

Ben diversa, invece, la posizione dei familiari dei 59 ostaggi ancora trattenuti a Gaza, che hanno accusato il governo israeliano di “aver scelto di rinunciare agli ostaggi” e hanno annunciato una grande manifestazione pacifista a Gerusalemme, invitando “tutti gli israeliani a unirsi” per chiedere “l’immediato ritorno al tavolo delle trattative”. I timori per l’incolumità dei prigionieri israeliani sembrano essere fondati: Hamas ha dichiarato che nei raid sulla Striscia un ostaggio è rimasto ucciso, mentre altri due risultano feriti.