Netanyahu non ha più limiti, la guerra sconfina in Cisgiordania

Netanyahu non si accontenta dei raid su Gaza e allarga le operazioni militari dell'esercito israeliano pure alla Cisgiordania

Netanyahu non ha più limiti, la guerra sconfina in Cisgiordania

Mentre nella Striscia di Gaza si torna a combattere, con raid sempre più insistenti e brutali da parte delle forze israeliane (IDF) di Netanyahu, non si fermano i tentativi dei mediatori egiziani e qatarioti di fermare le ostilità. Una missione tutt’altro che semplice, per la quale al Cairo è stata prima ricevuta una delegazione dello Stato ebraico e successivamente quella di Hamas, nel tentativo di trovare una soluzione che eviti ulteriori spargimenti di sangue.

Tuttavia, gli incontri diplomatici non hanno prodotto l’esito sperato: i negoziatori hanno dichiarato che “ci sono stati passi in avanti, ma non c’è stata alcuna svolta”, a causa della posizione intransigente dei funzionari di Benjamin Netanyahu, che non sembrano disposti a concessioni, e della linea espressa dai delegati del movimento palestinese. Secondo quanto riporta il quotidiano qatariota Al-Araby Al-Jadeed, Hamas si è detto “disposto a rilasciare gli ostaggi israeliani” a patto che si proceda con “la pianificazione e l’attuazione della seconda fase dell’accordo di cessate il fuoco firmato lo scorso gennaio, che prevede il ritiro completo delle forze israeliane da Gaza e la cessazione definitiva delle ostilità”.

Il massacro quotidiano

In attesa di capire se i negoziati potranno in qualche modo fermare l’orrore della guerra, nella Striscia si continua a morire. Nelle ultime 24 ore, almeno 95 palestinesi e 5 operatori dell’Agenzia ONU per i rifugiati palestinesi (UNRWA) sono stati uccisi nel corso dei raid aerei a tappeto condotti dalle forze israeliane su Gaza City, Khan Younis e Beit Lahiya. Un bilancio provvisorio, perché – secondo fonti locali – ci sarebbero ancora numerose persone sotto le macerie.

A rendere la situazione ancora più drammatica è stato il lancio di volantini da parte delle truppe di Tel Aviv sulla Striscia di Gaza, nei quali si afferma che “la mappa del mondo non cambierà se tutta la gente di Gaza scomparirà”, invitando la popolazione a lasciare l’enclave “prima dell’attuazione del piano forzato di Trump, che imporrà il vostro sfollamento forzato, che vi piaccia o no”. “Abbiamo deciso di fare un ultimo appello a quanti desiderano ricevere aiuti in cambio della cooperazione con noi. Non esiteremo un attimo ad aiutare”, si legge nel testo riportato dall’emittente palestinese Al Quds.

Ma non è tutto. Le operazioni dell’IDF si intensificano di ora in ora, lasciando presagire un possibile allargamento del conflitto alla Cisgiordania. Qui, infatti, la tensione è alle stelle: le forze armate israeliane hanno demolito 87 edifici, ufficialmente per “ridefinire la mappa” della città nel nord della Cisgiordania, che risulta sotto assedio da 59 giorni consecutivi.

La Lega Araba condanna i raid ordinati da Netanyahu

Di fronte a questa ennesima escalation, la Lega Araba ha preso posizione, chiedendo al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e alle organizzazioni internazionali di “congelare l’appartenenza di Israele all’ONU”, ritenendolo uno Stato non pacifico che viola la Carta delle Nazioni Unite. La risoluzione adottata dai Paesi mediorientali chiede inoltre di “vietare i rapporti economici e militari con Israele” e sottolinea la necessità di “perseguire i funzionari israeliani nel quadro dei meccanismi di giustizia internazionale”. Inoltre, invita tutti gli Stati, compresi i membri della Lega, a unirsi al processo per crimini di genocidio avviato dal Sudafrica contro Israele presso la Corte Internazionale di Giustizia.

Dilagao le proteste in Israele

Ma per Benjamin Netanyahu, questo ritorno alle ostilità non è privo di difficoltà interne. In Israele, infatti, cresce la protesta della società civile, che chiede l’immediata cessazione dei bombardamenti sulla Striscia per salvare la vita degli ostaggi ancora nelle mani di Hamas. I manifestanti denunciano che “il governo sta giustiziando gli ostaggi. Netanyahu ha deciso di riportare indietro Ben-Gvir invece degli ostaggi”, in un’ondata di contestazioni che è poi degenerata in scontri con la polizia israeliana.

L’episodio ha suscitato la reazione del ministro per la Sicurezza di Israele e leader dell’estrema destra, Itamar Ben-Gvir, che ha condannato “gli attivisti della protesta”, accusandoli di non essere più solo contro il governo e il Primo Ministro, ma ormai “del tutto contro lo Stato di Israele”.