Chissà se dietro le ultime e inquietanti minacce di Benjamin Netanyahu all’Iran si cela il desiderio del primo ministro di Israele di ingraziarsi il presidente eletto degli Stati Uniti, Donald Trump, che durante la campagna elettorale ha più volte definito il regime di Teheran come la più grande minaccia per la stabilità del Medio Oriente. In un videomessaggio in inglese rivolto al popolo iraniano, il leader di Tel Aviv ha affermato chiaramente che un eventuale terzo attacco di Teheran contro Israele “semplicemente paralizzerebbe l’economia dell’Iran”.
L’appello di Netanyahu agli iraniani
“Vi priverebbe di molti altri miliardi di dollari”, ha aggiunto Netanyahu, spiegando che l’attacco con missili balistici dello scorso ottobre è costato a Teheran 2,3 miliardi di dollari, tra il lancio di razzi e, soprattutto, la rappresaglia di Tel Aviv, che ha colpito diverse infrastrutture militari. Si tratta di un messaggio che non può che essere interpretato come una minaccia, poiché implica che Israele non solo risponderà immediatamente, ma farà di tutto per arrecare un danno economico ancora maggiore alla Repubblica islamica.
Commentando le reiterate minacce che quotidianamente arrivano da Teheran, il primo ministro israeliano ha aggiunto che l’attacco iraniano dello scorso ottobre “ha causato un danno marginale a Israele. Ma quali danni ha fatto a voi? Quella somma avrebbe potuto aggiungere miliardi al vostro budget per i trasporti o l’istruzione”. “So che non volete questa guerra, e neanche io la voglio, ma c’è “una sola forza che mette in grave pericolo la vostra famiglia: i tiranni di Teheran”, ha concluso Netanyahu.
Tensione alle stelle
Minacce all’Iran e un invito – non troppo velato – alla rivolta contro il regime di Ali Khamenei, a cui ha risposto il ministro degli Esteri iraniano, Abbas Araghchi, convinto che l’aumento delle tensioni sia dovuto proprio al cambio di guardia alla Casa Bianca. Secondo il diplomatico, gli Stati Uniti subiranno un’altra “grande sconfitta” se cercheranno di nuovo di applicare sull’Iran la politica della “massima pressione” annunciata da Trump. La situazione si sta surriscaldando, come dimostrano anche altri vertici di Teheran, che continuano a minacciare una rappresaglia contro Israele, giustificata, secondo loro, dal “diritto alla difesa”.
Quel che è certo è che, in attesa di capire se si aprirà un nuovo fronte di guerra con l’Iran, in gran parte del Medio Oriente si combatte con sempre maggiore intensità in un conflitto che, anziché avvicinarsi all’epilogo, sembra aggravarsi di ora in ora. Particolarmente tesa è la situazione in Libano, dove l’accordo per una tregua con Hezbollah sembrava vicino, salvo naufragare proprio con la vittoria di Trump alle elezioni americane. In queste ore le Forze di difesa israeliane (Idf) hanno ulteriormente ampliato le operazioni di terra nel sud del Libano con i militari della Divisione 91, arrivati in loco per supportare la Divisione 36, colpendo “nuovi obiettivi” di Hezbollah.
Brucia il Medio Oriente
Mentre le truppe di terra avanzano, l’aviazione israeliana ha bombardato pesantemente la periferia sud di Beirut, causando danni significativi a un edificio residenziale e la morte di almeno 8 civili. Bombe sono cadute copiose anche su presunti depositi di armi e centri di comando di Hezbollah, nascosti, secondo l’Idf, “nel cuore di una popolazione civile”. Se in Libano la situazione è critica, nella Striscia di Gaza è addirittura peggiore.
Qui, durante un’impressionante ondata di attacchi, è stata colpita una casa nel nord di Gaza vicino a una clinica nel campo profughi di Jabalia, causando la morte di tre bambini di età inferiore ai sei anni. A questi attacchi hanno risposto le milizie filo-iraniane di Hamas, Hezbollah e, dopo una lunga pausa, anche i ribelli yemeniti degli Houthi, che hanno dichiarato di aver attaccato la portaerei americana Lincoln e le navi di scorta, sebbene il portavoce del Pentagono, Pat Ryder, abbia smentito danni alla supernave e promesso una rappresaglia, assicurando che “ci saranno conseguenze per questo attacco sconsiderato”.
Dipartimento di Stato Usa in rivolta contro Netanyahu: “Se Israele non consente il passaggio degli aiuti umanitari, necessario lo stop alle forniture militari”
Intanto negli Stati Uniti sembra crescere il dissenso verso il massacro di civili compiuto da Netanyahu in quest’anno di guerra. Secondo quanto riferito da Axios, diversi funzionari del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti hanno chiesto al Segretario di Stato, Antony Blinken, di sospendere le forniture militari a Israele, dato il mancato rispetto delle richieste americane di aumentare la portata degli aiuti umanitari nella Striscia di Gaza.
Una richiesta che il fedelissimo di Joe Biden starebbe considerando seriamente, facendo ulteriori pressioni sul governo di Netanyahu per riaprire i valichi di frontiera e permettere il passaggio degli aiuti umanitari. Tuttavia, Israele avrebbe risposto negativamente, sostenendo che quanto fatto dallo Stato ebraico per evitare un’ecatombe sia più che sufficiente.