Le bombe che cadono incessantemente sulla Striscia di Gaza e sul Libano, causando l’ennesima mattanza, le schermaglie con l’Unifil che non accennano a diminuire e ora pure la messa al bando dell’Unrwa. Più passa il tempo, più sembra difficile far ragionare il primo ministro di Israele, Benjamin Netanyahu, in merito alla necessità di conformarsi al diritto internazionale e all’urgenza di chiudere un conflitto che non ha ragione di esistere, visto che i suoi nemici, rappresentati dall’asse della resistenza a guida iraniana, sono ridotti ai minimi termini.
Il solito bagno di sangue a Gaza e in Libano
Come accade ormai da oltre un anno, la pace resta un tabù e a parlare sono solo i missili che continuano a seminare morte e distruzione. Ne è testimonianza l’ultimo raid dell’aviazione di Tel Aviv che ha raso al suolo un edificio residenziale che ospitava centinaia di sfollati a Beit Lahia, nel nord della Striscia, causando la morte di almeno 93 persone, a cui si aggiungono anche ulteriori 40 dispersi. A darne notizia è il capo dell’ufficio stampa del governo di Gaza, Ismail al-Thawabta, che ha raccontato di una situazione spaventosa con decine di feriti, alcuni in modo serio, che si sono riversati nel vicino ospedale di Kamal Adwan, il quale ha smesso di funzionare e quindi non ha potuto curarli.
Non va meglio neanche in Libano, dove, nelle ultime 24 ore, secondo l’esercito israeliano (IDF), sono stati colpiti oltre 150 obiettivi legati al gruppo filo-iraniano di Hezbollah, e sono morte almeno 60 persone nella valle orientale di Bekaa. Cosa ancor peggiore è che, mentre l’aviazione seminava morte, una colonna di carri armati di Israele ha valicato il confine – come noto sorvegliato dalla missione di pace Unifil dell’Onu – con il Libano per condurre un’incursione “in profondità” nel sud del Paese, vicino a Khiam.
Hezbollah risponde a Netanyahu
Mentre la guerra continua a peggiorare, Hezbollah prova a riorganizzarsi. È di queste ore l’annuncio che Naim Qassem è stato nominato nuovo leader del gruppo filo-iraniano. Una scelta obbligata – dettata letteralmente dalla mancanza di alternative – per colmare il vuoto di potere causato dall’uccisione dell’ex leader, Hasan Nasrallah, e di quello che da tempo era stato indicato come il suo successore, Hashem Safieddin. Qassem ha subito promesso che il gruppo continuerà a resistere a Israele: “Lavoreremo insieme per raggiungere gli obiettivi di Hezbollah, per mantenere accesa la fiamma della resistenza e issare la sua bandiera fino a quando non otterremo la vittoria”.
La speranza del neo-leader è che nel conflitto possa inserirsi l’Iran, dove sarebbe in corso uno scontro interno tra chi chiede di rispondere all’attacco subito da Israele sabato scorso e chi, al contrario, chiede moderazione per evitare il coinvolgimento del Paese nel conflitto. Se in un primo momento sembrava prevalere la linea prudente, in queste ore sembra prendere piede l’ala più oltranzista che fa diretto riferimento alla Guida Suprema Ali Khamenei. Infatti, il vicecomandante delle Guardie rivoluzionarie, Mohammadreza Naghdi, ha lanciato sinistre minacce, affermando: “Il regime sionista dovrà affrontare colpi ancora più devastanti nei prossimi giorni. I sionisti saranno sorpresi dai colpi”.
Le mosse di Teheran contro Netanyahu
Il tutto mentre il ministro degli Esteri iraniano, Abbas Araghchi, e il suo omologo saudita, Faisal bin Farhan, hanno avuto una conversazione telefonica in cui il diplomatico di Teheran ha chiesto “sforzi coordinati da parte delle nazioni musulmane per fermare i crimini del regime israeliano e il suo spietato massacro di persone a Gaza e in Libano”. Ad aggravare i timori per una possibile escalation è arrivato anche l’annuncio da parte del governo di Teheran di triplicare il bilancio della Difesa del Paese, che sembra essere un vero e proprio preparativo alla guerra.
Netanyahu sfida le Nazioni Unite: messa al bando l’agenzia Unrwa
Come se non bastasse, a aggiungere tensione su tensione ci si è messo il parlamento israeliano, la Knesset, che ha approvato la legge che mette al bando l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi (Unrwa). Un provvedimento, fortemente voluto da Netanyahu, che è stato criticato dal segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, il quale ha avvertito che “l’attuazione di queste leggi sarebbe dannosa per la risoluzione del conflitto israelo-palestinese e per la pace e la sicurezza nella regione nel suo complesso. Come ho detto prima, l’Unrwa è indispensabile”.
Una legge che, secondo l’Unione Europea, va “contro il diritto internazionale” ed è “estremamente preoccupante”, poiché l’Unrwa “fornisce servizi essenziali a milioni di persone a Gaza, ma anche in Cisgiordania e in tutta la regione, compresi Libano, Siria e Giordania, ed è un pilastro della stabilità regionale”. Pioggia di critiche per l’approvazione della legge è arrivata anche da diversi Paesi UE, con la Francia di Emmanuel Macron in prima fila, mentre dall’Italia sono arrivate solo le parole timide del vicepremier Antonio Tajani, secondo cui la decisione di Tel Aviv “rischia di indebolire il ruolo dell’Onu. Ci dispiace che sia stata fatta questa scelta, anche se comprendiamo alcune delle ragioni che provocano la reazione di Israele: c’erano troppi militanti di Hamas che hanno partecipato alla strage del 7 ottobre tra coloro che rappresentavano l’Unrwa. Questo mi auguro che non accada mai più e siamo convinti che non accadrà”.
Le opposizioni incalzano il governo italiano: “Condanni la legge contro l’Unrwa”
Parole che evidentemente non sono bastate ai parlamentari e alle parlamentari dell’Intergruppo per la Pace tra Palestina e Israele, coordinato dalla deputata M5S Stefania Ascari, che fanno notare che “Spagna, Slovenia, Irlanda, Norvegia hanno fermamente condannato il voto della Knesset. E parole critiche sono arrivate anche da Francia, Regno Unito, Germania e Canada. Cosa aspetta l’Italia a far sentire la sua voce? A questo ennesimo atto scellerato di Israele deve seguire un immediato stop all’invio di armi, la fine dell’accordo di associazione tra UE e Israele e sanzioni contro il governo israeliano. È necessaria una reazione comune per la difesa delle Nazioni Unite”.