Dopo lo stop agli aiuti umanitari, Netanyahu lascia Gaza al buio. La mossa anti-Hamas di Israele che colpisce la popolazione civile

Israele toglie l'elettricità a Gaza, aggravando la crisi umanitaria. Ospedali, acqua e comunicazioni al collasso. Il mondo osserva

Dopo lo stop agli aiuti umanitari, Netanyahu lascia Gaza al buio. La mossa anti-Hamas di Israele che colpisce la popolazione civile

Israele spegne la luce a Gaza. Letteralmente. Dopo lo stop agli aiuti umanitari, il governo di Netanyahu ha deciso di tagliare anche l’elettricità, lasciando 2,3 milioni di persone nella totale oscurità. Il ministro dell’Energia Eli Cohen lo ha detto senza giri di parole: Israele userà “tutti i mezzi disponibili” per fare pressione su Hamas e ottenere il rilascio degli ostaggi. La politica del ricatto si fa metodo.

L’energia come arma di guerra

Il blocco dell’energia non è solo un problema di luce. Senza elettricità si fermano gli impianti di desalinizzazione, un colpo mortale in un territorio dove l’acqua potabile è già un lusso. Gli ospedali, già al collasso per la carenza di farmaci, ora dovranno affidarsi ai generatori, sempre che ci sia ancora carburante. Anche l’impianto di trattamento delle acque reflue non potrà funzionare, aggravando la già drammatica emergenza sanitaria. Il risultato è un assedio totale: Israele ha bloccato i rifornimenti di cibo, medicine e acqua, ora toglie anche l’ultima speranza di sopravvivenza.

Secondo gli esperti, gli effetti di questa decisione saranno devastanti. L’assenza di elettricità significa anche che i sistemi di comunicazione e informazione collasseranno progressivamente, isolando ancora di più la Striscia dal resto del mondo. Non si tratta solo di un gesto di pressione su Hamas, ma di una strategia sistematica per rendere impossibile la vita quotidiana.

La relatrice speciale delle Nazioni Unite sui territori palestinesi occupati, Francesca Albanese, ha dichiarato che l’assenza di sanzioni contro Israele equivale a una complicità con il genocidio in atto a Gaza. “Israele che interrompe la fornitura di elettricità a Gaza significa, tra le altre cose, nessuna stazione di desalinizzazione funzionante, ergo: niente acqua pulita”, ha scritto Albanese, sottolineando come l’assenza di misure restrittive contro Israele favorisca questa strategia di oppressione.

Un assedio totale e il silenzio della comunità internazionale

Hamas ha definito la decisione “un ricatto inaccettabile”, un tentativo disperato di schiacciare la popolazione sotto il peso delle privazioni. Ma la politica della fame e del buio ha un solo obiettivo: portare il popolo palestinese al limite della resistenza, renderlo ostaggio di un conflitto che non gli lascia scampo. Anche l’Onu ha espresso preoccupazione, parlando di una crisi umanitaria senza precedenti e chiedendo un immediato ripristino delle forniture energetiche. Tuttavia, Israele ha ignorato gli appelli, mantenendo la sua posizione di forza nei negoziati.

Nel frattempo, i civili palestinesi si trovano a dover affrontare un inverno senza alcun accesso a energia elettrica. Le temperature rigide, l’assenza di riscaldamento e la mancanza di acqua potabile mettono a rischio la sopravvivenza di migliaia di persone, in particolare bambini e anziani. Le immagini che arrivano da Gaza parlano di ospedali trasformati in scenari di emergenza permanente, con i medici costretti a operare al lume di torce e telefoni cellulari.

La comunità internazionale, come sempre, osserva. L’Europa si rifugia nei comunicati di condanna, gli Stati Uniti non vogliono perdere la presa sul loro alleato mediorientale. Intanto, nella Striscia, la notte non finisce mai. Il diritto internazionale parla chiaro: privare un’intera popolazione dei beni essenziali è un crimine di guerra. Ma le convenzioni, a Gaza, valgono meno della sabbia. Netanyahu non si ferma: ogni giorno che passa, la punizione collettiva si fa più feroce. Prima il cibo, poi l’acqua, ora la luce. Cosa resta da togliere?