Se qualcuno sperava che l’uccisione del capo di Hezbollah, Hassan Nasrallah, avvenuta durante un raid dell’aviazione israeliana su Beirut, in Libano, avrebbe messo fine alla guerra, allora resterà deluso. Già, perché dopo il blitz di venerdì, l’aviazione di Israele, su ordine del primo ministro Benjamin Netanyahu, non ha arrestato la propria azione, ma al contrario ha aumentato la potenza e la portata dei propri attacchi.
Una vera e propria pioggia di bombe che, oltre alla Striscia di Gaza, si è abbattuta pure sul Libano, sull’Iraq, sulla Siria e sullo Yemen. Obiettivo dell’esercito di Tel Aviv sono le milizie sciite di Hamas e Hezbollah, nonché le altre forze filo-iraniane che li supportano, inclusi i ribelli yemeniti Houthi. E, nella tarda serata di ieri, l’incursione israeliana di terra in Libano è ufficialmente cominciata. Il governo israeliano ha informato gli Stati Uniti di “una serie di operazioni”, tra cui operazioni di terra, in Libano.
Netanyahu lancia l’offensiva terrestre in libano
È quanto ha affermato il Dipartimento di Stato americano, citato dalla Cnn. “Al momento ci hanno detto che si tratta di operazioni limitate incentrate sulle infrastrutture di Hezbollah vicino al confine, ma siamo in continuo contatto con loro a riguardo”, ha affermato il portavoce Matthew Miller in una conferenza stampa. La tv libanese al Manar, affiliata a Hezbollah, ha riferito di “colpi sionisti di artiglieria” vicino ai villaggi frontalieri di Wazzani, la valle di Khiam, Alma el Chaab e Naqura nel sud del Libano. L’agenzia di stampa libanese Ani riferisce invece di “importanti colpi di artiglieria contro Wazzani”. Queste località si trovano davanti alle comunità israeliane dichiarate chiuse dall’Idf dall’altra parte del confine.
Il ministro degli Esteri israeliano, Israel Katz, ha dettato condizioni – già bollate come “irricevibili” – per arrivare al cessate il fuoco con i terroristi libanesi. “L’unico modo accettabile per Israele di cessare il fuoco (in Libano, ndr) è spostare Hezbollah a nord del fiume Litani e disarmarlo. Finché ciò non avverrà, Israele continuerà le sue azioni per garantire la sicurezza dei cittadini israeliani e il ritorno dei residenti del nord alle loro case”.
Dal canto suo, il movimento filo-iraniano libanese non ha nessuna intenzione di arrendersi. A dirlo è il numero due di Hezbollah, Naim Qassem, che, dopo aver ricordato che Nasrallah aveva predisposto precisi ordini in caso di suo assassinio, ha spiegato che il movimento sceglierà “rapidamente un nuovo segretario generale” che seguirà la linea di Nasrallah. Parlando dell’imminente invasione di terra, aveva assicurato: “Siamo pronti per un’incursione. E siamo sicuri che gli israeliani non raggiungeranno i loro obiettivi, saremo vittoriosi!”.
Biden furioso con Netanyahu
Insomma, la situazione sta precipitando e gli Stati Uniti di Joe Biden, malgrado i tentativi di evitare ulteriori azioni militari, si sono ormai rassegnati al fatto che Netanyahu non indietreggerà dai suoi propositi bellicosi. E così è stato. Stando alle analisi degli esperti del Pentagono, il massiccio ingresso di truppe dello Stato ebraico a Beirut e dintorni sarebbe avvenuto “entro questa settimana”. Un’azione che rischia di complicare la crisi mediorientale in modo irreversibile, con l’Iran che, sempre secondo gli Stati Uniti, questa volta difficilmente rinuncerà a fare la propria mossa.
Proprio per questo, il leader americano, secondo quanto trapela, letteralmente “furioso” con Netanyahu, non ha potuto far altro che annunciare il rafforzamento in Medio Oriente delle capacità di supporto aereo degli Usa a protezione di Israele. “Gli Stati Uniti sono determinati a impedire all’Iran e ai partner sostenuti da Teheran di sfruttare la situazione o espandere il conflitto”, ha dichiarato in una nota il portavoce del Pentagono, il maggiore generale Patrick Ryder, che poi ha lanciato un messaggio a Teheran: “Se usassero questo momento per prendere di mira il personale o gli interessi americani nella regione, gli Stati Uniti prenderanno ogni misura necessaria per difendere il nostro popolo”.
Parole che non sono sfuggite alle autorità dell’Iran, con il portavoce del ministero degli Esteri di Teheran, Nasser Kanani, che ha provato a gettare acqua sul fuoco affermando che non è sul tavolo l’ipotesi di “inviare forze extra o volontarie della Repubblica islamica dell’Iran” a Gaza o in Libano. Una dichiarazione rassicurante, ma che evidentemente non esclude la possibilità di rappresaglie missilistiche contro Israele.