Da un lato, le folle oceaniche di israeliani che sono scese in piazza per contestare il governo di Tel Aviv, accusato di aver fatto poco o nulla per arrivare a un accordo per la liberazione degli ostaggi ancora in mano ad Hamas; dall’altro, il primo ministro Benjamin Netanyahu, che continua imperterrito la sua politica bellicista, rendendo a dir poco difficili i negoziati di pace.
Infatti le trattative al Cairo, mediate da Egitto, Qatar e Stati Uniti, nonostante il pressing dei suoi stessi cittadini, sarebbero arrivate a un punto morto proprio per via della posizione del primo ministro israeliano che, secondo quanto riferisce la CNN citando una fonte a conoscenza dei colloqui, starebbe di fatto sabotando ogni accordo. In particolare, sempre secondo la fonte citata dall’emittente americana, con il suo discorso di fuoco di ieri in cui ha dichiarato che “Israele non lascerà mai il corridoio di Filadelfia”, Netanyahu ha definitivamente fatto “naufragare il tentativo dei mediatori di riprendere i negoziati per il cessate il fuoco e la liberazione degli ostaggi”.
Un accordo che sembrava vicino alla conclusione ma che, prosegue con amarezza la fonte alla CNN, Netanyahu “ha affossato con un solo discorso”.
La provocazione di Netanyahu
Difficile dargli torto, visto che nel suo intervento, durante un’apposita conferenza stampa, Netanyahu ha insistito sia sul fatto che “Israele non accetterà il massacro di sei ostaggi, Hamas pagherà un prezzo alto” e sia sulla necessità di controllare il corridoio di Filadelfia, attraverso cui transitano bombe e missili che poi rischiano di raggiungere il territorio dello Stato ebraico.
“L’asse del male dell’Iran ha bisogno del corridoio di Filadelfia… e Israele deve controllarlo”, ha chiosato il leader di Tel Aviv nel suo discorso. Peccato che proprio questo striminzito lembo di terra, all’interno della Striscia di Gaza, sia considerato dai terroristi di Hamas come una condizione “sine qua non” per trattare una tregua e il contestuale rilascio degli ostaggi. A ribadirlo al Guardian è stato il braccio armato di Hamas, le Brigate al Qassam, secondo cui gli ostaggi torneranno in Israele “dentro bare” se non si raggiungerà un accordo di pace.
“L’insistenza del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu nel liberare i prigionieri attraverso la pressione militare anziché concludere un accordo significherà che torneranno alle loro famiglie dentro bare”, ha affermato in una dichiarazione il portavoce del gruppo terroristico, Abu Obeida.
La rassegnazione di Biden: “Deluso da Netanyahu”
Che le trattative di pace siano ostacolate dal primo ministro israeliano lo pensano in molti. La novità è che ormai anche il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, sembra essersene convinto al punto da aver dichiarato di non ritenere che Netanyahu abbia fatto abbastanza per garantire un accordo sugli ostaggi tra Israele e Hamas. Come riferisce NBC News, l’inquilino della Casa Bianca è apparso stizzito per il comportamento dell’alleato e ha spiegato che intende presentare in settimana un accordo finale “prendere o lasciare” a Israele e Hamas, nella speranza di raggiungere un cessate il fuoco.
Quel che è certo è che le parole di Biden cambiano non poco l’atteggiamento degli Stati Uniti nei confronti dello Stato ebraico. Infatti, per diversi mesi l’amministrazione Biden ha ripetutamente accusato Hamas di aver bloccato un accordo, mentre ora un numero sempre maggiore di funzionari statunitensi afferma che anche le condizioni imposte da Netanyahu stanno ostacolando gli sforzi di pace. Insomma, tra USA e Israele c’è aria di maretta. A lasciarlo intendere è ancora una volta Biden che, ai giornalisti che gli chiedevano se prevedesse di parlare con il primo ministro Netanyahu – il quale si è detto molto contrariato per le parole del leader americano –, ha fatto spallucce, limitandosi a dire che “prima o poi” lo farà.