Che fino a oggi non sia stato convocato nessun vertice la dice lunga sullo stallo che regna sul dossier giustizia (leggi: prescrizione). Il premier lo ha annunciato entro la settimana. L’obiettivo è arrivare al tavolo con una pre-intesa. Che evidentemente ancora non c’è. Eppure il tempo stringe. Alla Camera, al momento, è stato accantonato l’esame dell’articolo 8 del Milleproroghe che include il lodo Annibali, con cui i renziani chiedono di rinviare di un anno lo stop alla prescrizione. Ed è stato dichiarato inammissibile anche un emendamento di +Europa che abroga la legge Bonafede. Il testo, che è all’ordine del giorno della I e V commissione di Montecitorio fino a venerdì, dovrebbe approdare in aula il 10 e dopo passare al Senato.
I renziani, in caso di insuccesso alla Camera, riproporranno il lodo a Palazzo Madama. Ma il 24 nell’aula di Montecitorio è atteso il testo del deputato di FI Enrico Costa contro la riforma Bonafede. In quell’occasione la maggioranza potrebbe dividersi ma non rompere l’alleanza: è un’ipotesi che circola ma che non piace a Giuseppe Conte. “In un modo o nell’altro fermeremo questa legge”, minaccia Matteo Renzi, che è pronto a votare anche il testo di FI. E, dopo aver nei giorni scorsi sparato a zero contro gli ex compagni di partito per la linea attendista, ha inveito ieri contro i 5Stelle. ll ministro Alfonso Bonafede ha invitato ad abbassare i toni: “Lavoriamo senza urlare da mattina a sera. Siamo in maggioranza”, ha detto il Guardasigilli, eppure si registrano “toni di chi sembra all’opposizione: a volte sembra che i testi glieli scrivano Salvini o Berlusconi”.
“Non è Salvini che scrive i testi a noi, sei tu che hai scritto la legge sull’abolizione della prescrizione con lui. A noi non piace e la cambieremo. I numeri sono chiari, o lo capisci o ci vediamo in Senato”, replica Davide Faraone, primo firmatario di una proposta di legge sulle vittime degli errori giudiziari. La furia renziana travolge anche il ministro per i Rapporti con il Parlamento “colpevole” di aver invitato Renzi a decidere se stare dentro la maggioranza o fuori. “Se Renzi smette di stare in maggioranza, D’Incà smette di fare il ministro. Il che non è un dramma”, scrive Ettore Rosato. Bonafede tira dritto e risponde con l’annuncio che entro 10 giorni a Palazzo Chigi arriverà la riforma del processo penale: “Lì ciascuno si prenderà le proprie responsabilità”.
Eppure diverse ipotesi in queste ore sono state formulate. Dal rinvio di sei mesi della riforma Bonafede – giusto il tempo per rendere più celeri i tempi del processo – allo stop alla prescrizione dopo la sentenza d’appello. LeU parla di prescrizione a scaletta: sospensione dopo due sentenze di condanna. O in alternativa distingue tra assolti e condannati, prevedendo la sospensione solo per i secondi: il primo lodo Conte, cioè, che aveva registrato la disponibilità di Bonafede. Ma non quella dei renziani che giudicano insufficiente anche il blocco dopo il secondo grado. Rimane la strada del rinvio: “Se si fa siamo i più contenti del mondo perché ci darebbe modo di affrontare con più calma la riforma del processo penale”, dice il vicesegretario Pd Andrea Orlando. Anche a Palazzo Chigi si sa che a dover indicare una via d’uscita è Bonafede. E qui esstocca fare i conti con il travaglio che sta attraversando il Movimento. Tra chi spinge per soluzioni più moderate e chi come l’ex capo politico Luigi Di Maio fa partire una chiamata alle armi contro chi vuole cancellare le leggi M5S, come la prescrizione.