Nessun rischio per la salute dei detenuti. La Consulta ha blindato il decreto antiscarcerazioni voluto dal ministro Alfonso Bonafede dopo che, esplosa l’emergenza coronavirus, in base a una circolare del Dap erano stati fatti uscire dalle carceri anche alcuni boss. La disciplina del decreto, secondo i giudici costituzionali, non abbassa in alcun modo i doverosi standard di tutela della salute del detenuto, garantiti dalla Costituzione e dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo anche nei confronti dei condannati ad elevata pericolosità sociale, compresi quelli sottoposti al regime penitenziario del 41-bis.
La Consulta ha quindi ritenute non fondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate dal Tribunale di sorveglianza di Sassari e dai Magistrati di sorveglianza di Spoleto e di Avellino. I dubbi riguardavano le norme che impongono al magistrato di sorveglianza, una volta concessa provvisoriamente, per ragioni legate all’emergenza sanitaria, la detenzione domiciliare ai condannati per questi reati, di rivalutare periodicamente le condizioni che giustificano la misura, alla luce dei pareri delle Procure distrettuali e della Procura nazionale antimafia, oltre che delle informazioni del Dipartimento degli affari penitenziari sull’eventuale sopravvenuta disponibilità di strutture sanitarie all’interno del carcere o di reparti di medicina protetti, idonei a ripristinare la detenzione del condannato.
La Corte ha ritenuto che questa disciplina non violi appunto il diritto di difesa del condannato. Per la Corte Costituzionale va sempre fatto un bilancio tra l’imprescindibile esigenza di proteggere la salute del detenuto e quella di tutela della sicurezza.