Era stato proprio il ministro leghista dell’Economia Giancarlo Giorgetti, appena una settimana fa, a confessare al commissario Ue, Paolo Gentiloni, che c’erano difficoltà con la ratifica del Mes in Parlamento.
Giorgetti sbugiarda Meloni e Salvini sul Mes. Il governo punta a rinviare il voto, il Mef si mette di traverso. Lega e FdI spiazzati dal ministro ribadiscono il loro no
Ieri il colpo di scena arriva con due paginette firmate dal capo di gabinetto del ministero di via XX Settembre. Un parere richiesto da alcuni componenti di maggioranza e inviato ieri alla commissione Esteri di Montecitorio, guidata da Giulio Tremonti. Ebbene, Giorgetti smonta le argomentazioni con cui i partiti sovranisti, dalla Lega a Fratelli d’Italia, si sono fino a oggi opposti al cosiddetto Salva-Stati.
L’Italia, si legge nel parere del Mef, gioverebbe del via libera al Mes in termini di reputazione internazionale e rispetto alla valutazione delle agenzie di rating. “Relativamente agli effetti indiretti sulle grandezze di finanza pubblica derivanti dalla sola ratifica dell’Accordo, sulla base di riscontri avuti da analisti e operatori di mercato, è possibile che la riforma del Mes, nella misura in cui venga percepita come un segnale di rafforzamento della coesione europea, porti ad una migliore valutazione del merito di credito degli Stati membri aderenti, con un effetto più pronunciato per quelli a più elevato debito come l’Italia”.
E ancora. “Rispetto alle prospettive degli altri Stati membri azionisti del Mes, l’attivazione del supporto rappresenterebbe, direttamente, una fonte di remunerazione del capitale versato e, indirettamente, un probabile miglioramento delle condizioni di finanziamento sui mercati”. Eppure appena dieci giorni fa Meloni aveva posto il suo veto sul Meccanismo europeo di stabilità. E il vicepremier Matteo Salvini aveva rilanciato: “Il Mes ha perso necessità e vantaggio”. Fatto sta che la distribuzione del parere del Mef tra i banchi dei deputati ha provocato lo scontro su come procedere oltre allo sconcerto di Lega e FdI.
Alla fine è passata la linea della maggioranza per un approfondimento e l’aggiornamento della seduta a oggi. Capire come muoversi, alla luce del parere del Mef e con il calendario che prevede la ratifica in Aula tra meno di dieci giorni, è ora il problema. Sarebbero in corso interlocuzioni per decidere il da farsi e non si esclude che si possa arrivare a un ulteriore rinvio in commissione Esteri.
Laddove già prima che scoppiasse la polemica si ipotizzava per oggi un rinvio del voto vero e proprio, dato che l’orientamento era quello di sottoporre a votazione solamente la scelta di quale dei testi esaminare tra i due progetti di legge di ratifica presentati da Piero De Luca (Pd) e Luigi Marattin (Iv). E c’è chi come Emanuele Loperfido, deputato di FdI, invoca un’audizione del ministro Giorgetti. Stefano Patuanelli (M5S) parla di “dichiarazione d’amore sul Mes” da parte del Mef.
Il Pd dice basta a rinvii e a meline. Eppure pare proprio che la strategia del governo sia questa: il rinvio. Per il Mes si tratterebbe dell’ennesimo qualora dovesse slittare la discussione generale alla Camera che, secondo il programma dei lavori, è confermata per venerdì 30 giugno. Ma la posizione di Giorgetti si può spiegare in questo modo: certificare il no secco del Parlamento potrebbe essere controproducente anche per l’esecutivo, alle prese con la delicata trattativa sul Patto di Stabilità, nella quale l’Italia cerca alleati nella richiesta di scorporare dai calcoli alcuni investimenti.
E potrebbe irrigidire gli animi anche sul fronte dell’altra trattativa con la Commissione sulle modifiche al Pnrr. Ma dalla Lega Davide Crippa dice che il partito rimane contrario alla ratifica del Mes e minimizza il parere di “un tecnico”.