Una dote di oltre 18 milioni di euro all’Agenzia industrie difesa, in quello che è stato ribattezzato “emendamento Latorre”, riprendendo il cognome del direttore generale dell’Aid. E soprattutto ex esponente di spicco del Partito democratico. Nel decreto Recovery plan, esaminato in commissione Bilancio alla Camera, è spuntata una norma che mette a disposizione fondi pubblici per l’Agenzia che si occupa della riorganizzazione dell’area tecnico-industriale del Ministero della Difesa. Per i deputati dell’Alternativa si tratta senza dubbio di un gentile dono natalizio a Nicola Latorre.
“Abbiamo detto in commissione che dietro questo emendamento c’è l’ex parlamentare del Pd”, dice a La Notizia Raffaele Trano, deputato dell’Alternativa. “Ed è – aggiunge – una cosa che potrebbe anche starci. Ma la cosa anomala è che l’emendamento non ha alcuna attinenza con la missione richiamata nel Piano nazionale di ripresa e resilienza. Per questo in commissione abbiamo specificato che era da ritenere inammissibile. Ed è ancora grave che sia presentato dai relatori”. Insomma, una questione che riguarda il contenuto specifico della norma.
“Loro – spiega ancora Trano – parlano di manutenzione straordinaria e messa in sicurezza degli impianti. È quantomeno singolare che sia nel Pnrr, visto che all’interno di quella missione del Piano non figura quella voce”. Il contributo previsto è di 11 milioni e 300mila euro per il 2022, a cui si aggiungono 7 milioni e 100mila per il 2023. Un totale di 18 milioni e 400mila euro. Peraltro, l’emendamento aveva attirato l’attenzione per un marchiano errore grammaticale, in cui la “missione digitalizzazione” è diventata “l’ammissione digitalizzazione”. E dire che il testo, essendo stato presentato dai relatori, è stato visionato da più persone, senza ravvisare lo svarione. Ma perché tanto scalpore su Latorre? L’attuale numero uno dell’Agenzia industrie difesa è un nome noto del centrosinistra.
FARI PUNTATI SULL’EX LOTHAR
Era un fedelissimo, uno dei cosiddetti lothar, di Massimo D’Alema, quando era alla presidenza del Consiglio. Da sempre vicino a Marco Minniti, si è poi schierato per il “Sì” al referendum costituzionale del 2016, senza comunque conquistare le simpatie di Matteo Renzi, che nel 2018 lo ha tagliato fuori dalle liste del Pd. La consolazione è arrivata nel 2020, quando il ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, gli affida l’incarico di direttore generale dell’Aid. Con un compenso di 201mila euro complessivi. Così è venuto facile immaginare che l’elargizione dei fondi all’Agenzia sia stata dettata da una vicinanza politica.
“Si vuole autorizzare lo sperpero di denaro pubblico, attraverso stanziamenti di somme a fondo perduto per una ragione completamente diversa da quella di cui dovremmo discutere, in favore di un’Agenzia amministrata da una persona che per venti anni ha vissuto di politica”, sottolinea il deputato Raphael Raduzzi. “È intollerabile che i soldi del Pnrr vengano usati in questo modo invece che per ammodernare il Paese”, aggiunge il parlamentare.
Il collega Trano racconta anche l’evoluzione del confronto in commissione a Montecitorio: “Noi volevamo destinare quei fondi alla voce della digitalizzazione dell’Aid, per questo abbiamo presentato un emendamento, che ovviamente è stato bocciato. Così, alla fine, sono state destinate risorse importanti in maniera volutamente fumosa”. Ora è impensabile che ci siano ulteriori modifiche: il testo approda oggi in Aula alla Camera. E il destino sembra già scritto: il governo porrà la questione di fiducia.