di Fabrizio di Ernesto
La lettura più lucida in tutta questa vicenda alla fine l’ha data Dario Franceschini che ha fatto notare come ormai all’interno del Partito democratico tutti siano tornati a guardarsi in cagnesco tra ex comunisti ed ex democristiani. L’ultima goccia che ha fatto traboccare il vaso è stato il congresso “Fare il Pd” organizzato dall’attuale gruppo dirigente che ha fatto registrare l’assenza di Renzi e dei veltroniani, per Dna sempre disponibili a mettere i bastoni tra le ruote di D’Alema e degli uomini a lui più vicini. Proprio lo scontro tra il vecchio che resiste ed il nuovo che avanza rischia di essere il tormentone di questi mesi che ci separano dal congresso chiamato ad eleggere il nuovo segretario dopo le dimissioni di Bersani e la reggenza ad interim di Epifani. Renzi sa bene che più il tempo passa più il suo appeal tra gli elettori rischia di affievolirsi e quindi continua a spingere per provocare divisioni interne, mettere in crisi il partito e magari affossare il governo per lanciarsi alla conquista di Palazzo Chigi, per farlo però dovrà prima prendersi il Pd anche se le ultime regole ipotizzate sembrano fatte apposta per evitarlo: in primis voto solo agli iscritti, e congresso con due soli candidati, lui e Barca o Epifani, per evitare una dispersione di voti che lo avvantaggerebbe. Scontri continui Nonostante il botta e risposta tra Renzi e D’Almema che di fatto ha reso la parola scissione non più un tabù a Sant’Andrea delle Fratte, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giovanni Legnini ha invitato le varie anime del partito al dialogo ricordando che il congresso dovrebbe essere il luogo per parlare dell’ispirazione del partito e non una sfida tra singole persone in lotta tra loro. Nel frattempo continua frenetica l’attività di Francesco Boccia che pur di tenere insieme i cocci di un vaso in frantumi si ostina a lavorare ad un patto tra Letta e Renzi in grado di puntellare il partito ed il governo in vista del congresso ma a conti fatti continuando a nascondere la polvere sotto il tappetto e procrastinando, come sempre, la soluzione dei tanti problemi interni a data da destinarsi, la solita strategia piddina che da quasi sei anni, ottobre 2007 rappresenta forse l’unica costante offerta dal movimento nato dalla fusione tra la Margherita e la Quercia.