Mentre il Paese veniva travolto dalla prima ondata del coronavirus e scontava una grave carenza di mascherine, c’era chi pensava bene di sfruttare la situazione per fare affari d’oro. Ne sono certi i pubblici ministeri di Roma, coordinati dal procuratore aggiunto Paolo Ielo, che stanno indagando sull’affidamento complessivo di 1,25 miliardi fatto dal commissario per l’emergenza Domenico Arcuri, il quale non è indagato e risulta parte offesa, a tre consorzi cinesi per l’acquisto di 800 milioni di mascherine avvenuto attraverso l’intermediazione di alcune imprese italiane.
Fatti per i quali i finanzieri hanno eseguito un sequestro preventivo per 70 milioni di euro, tra conti correnti, quote societarie, beni e immobili di lusso nonché uno yacht, nei confronti di otto persone. Si tratta di Andrea Vincenzo Tommasi, a capo di una delle società coinvolte, al giornalista Rai in aspettativa Mario Benotti, Antonella Appulo, Daniela Guarnieri, Jorge Edisson Solis San Andrea, Daniele Guidi, Georges Fares Khozouzam e Dayanna Andreina Solis Cedeno.
A tutti loro vengono contestate, a vario titolo, reati che vanno dal concorso in traffico di influenze illecite, al riciclaggio, l’autoriciclaggio e la ricettazione. Dal decreto emerge che “dalle indagini bancarie è stato accertato che gli indagati hanno già provveduto a distrarre ed occultare parte delle somme indebitamente percepite”. Per questo, spiega il gip Paolo Andrea Taviano, le misure cautelari sono necessarie in quanto “attesa la natura degli illeciti contestati”, appare “sussistere il pericolo di perpetuazione ed aggravamento degli effetti dannosi del reato in considerazione del fatto che il denaro potrebbe essere facilmente occultato e distratto, rendendone difficoltoso se non addirittura impossibile il recupero”. Provvedimenti impossibili da rimandare anche perché, scrive il gip, appare “singolare, quanto raccapricciante, l’aspettativa dell’indagato Jorge Solis che a novembre esploda la pandemia, cioè si arrivi a un lockdown nazionale perché da questo si attende lucrosi affari’’.
Stando al decreto “allo stato non vi è prova che gli atti della struttura commissariale siano stati compiuti dietro elargizione di corrispettivo” e quindi Arcuri non può che essere parte lesa. A sottolinearlo è lo stesso commissario che spiega come “dalle ultime risultanze investigative che hanno determinato il sequestro dei beni degli indagati, risulta evidente che la struttura commissariale e il commissario Arcuri (estranei alle indagini) sono stati oggetto di illecite strumentalizzazioni da parte degli indagati affinché questi ultimi ottenessero compensi non dovuti dalle aziende produttrici”. Per questo la struttura commissariale e il Commissario “continueranno a fornire la più ampia collaborazione agli investigatori” e si costituiranno parte civile nell’eventuale processo.