Tutti pubblicamente con Silvio Berlusconi per il Quirinale. Ma pronti ad assestare la pugnalata decisiva in Aula, nel segreto dell’urna. Dando così la spinta definitiva per detronizzare l’anziano leader: il fallimento del suo assalto alla Presidenza della Repubblica lo metterebbe fuori dai giochi. Spazzando via quel che resta di Forza Italia.
A CONCLAVE
Il vertice di Villa Grande, a Roma, ha sancito la candidatura ufficiale del centrodestra. Nessun colpo di scena, è andato tutto come previsto nonostante qualche ora prima, il gran consigliere, Gianni Letta avesse lanciato il suo appello, presenziando alla camera ardente di David Sassoli: “Il Parlamento lavori guardando al Paese e non agli interessi di parte”. Una stroncatura di fioretto, tipicamente (gianni)lettiana. Ma il messaggio non è stato preso in considerazione. “I leader della coalizione hanno convenuto che Silvio Berlusconi sia la figura adatta a ricoprire in questo frangente difficile l’Alta Carica con l’autorevolezza e l’esperienza che il Paese merita e che gli italiani si attendono”, recita la nota prodotta alla fine di un incontro durato due ore, alla fine del quale Matteo Salvini parla di “centrodestra compatto”. Il leader di Forza Italia ha portato a casa il risultato: il giuramento di fedeltà degli alleati, dai più grandi ai cespugli come quelli di Maurizio Lupi, Lorenzo Cesa e Luigi Brugnaro in tandem con Giovanni Toti. Nei prossimi giorni comunque ci sarà aggiornamento della situazione: partirà la ricognizione sui numeri per capire quante siano le possibilità di elezione di Berlusconi al Colle.
PALLOTTOLIERE IN BILICO
Le telefonate di maniera a vari parlamentari del gruppo Misto, con Vittorio Sgarbi nel ruolo di centralinista, non bastano. Anche perché tutte le conversazioni sono finite con il “no, grazie” degli interlocutori. Le ambizioni, insomma, non sono sufficienti a spingere in alto il numero dei sostenitori. L’ammonimento arriva da un ex berlusconiano di lungo corso, come il deputato Osvaldo Napoli, oggi con Coraggio Italia. “Davvero pensano che la candidatura del presidente Berlusconi al Quirinale potrà decollare una volta verificati i numeri in Parlamento?”, biasimando il metodo scelto: quello del pallottoliere a colpi di telefonate.
CONVERGENZE DI FACCIATA
Del resto nei corridoi della Camera, dalla Lega a Fdi, rimbalza un ragionamento: la professione di lealtà è necessaria in questo momento, quando è in piena “operazione scoiattolo”, come è stato ribattezzato lo scuoting condotto da Berlusconi. Una strategia necessaria a tenere unita la coalizione, mette il centrodestra all’angolo senza poter fare da regista all’operazione. Ma, al momento del voto, scatterà “l’operazione affossamento”, orchestrata dagli alleati. Con una trentina di franchi tiratori si garantisce la fine di un ciclo, quello berlusconiano. La mancata elezione al Colle manderebbe definitivamente in pensione il Cav, portando all’implosione Forza Italia. La dissoluzione del partito azzurro fa gola a tutti: alla destra, per cercare di aumentare i consensi ed eliminare un alleato comunque scomodo, ai centristi, come Matteo Renzi e Giovanni Toti, per ampliare il progetto moderato. Le parole di Gianni Letta, dunque, non vanno lette in un’ottica antiberlusconiana, visto che l’uomo è berlusconiano da sempre, ma come un appello al leader per non schiantarsi. Trascinandosi dietro quel che aveva costruito.