di Lapo Mazzei
Sinistra, centrosinistra, civici, destra, estrema destra, paladini dei consumatori: tra cambi dell’ultimo momento, spaccature e ripensamenti vari, al momento si contano una dozzina di nomi, più o meno noti, più o meno di peso, in corsa per il Campidoglio. E non è detto che i numeri non aumentino nei giorni a venire. Ormai l’unica certezza è la sostanziale incertezza del quadro entro al quale si muovono partiti e candidati in vista della tornata amministrativa per Roma. Una consultazione elettorale che, tecnicamente, servirà a esprimere il nuovo sindaco di Roma, ma che politicamente potrebbe modificare l’assetto del quadro nazionale. I giochi di potere che si vanno consumando sopra la testa dei romani rischiano davvero di mettere in secondo piano i problemi di Roma. Nel centrodestra l’ultima arrivata è Giorgia Meloni, anche se Flavio Tosi, con un colpo di teatro dell’ultim’ora, ha provato a rubarle la scena: “Sto valutando se scendere in campo per Roma”, ha detto, spiegando di poter contare sull’esperienza positiva già maturata a Verona. E se Pd e M5S, così come i centristi, confluiti su Marchini, hanno già scelto il volto che porteranno alle urne, a sinistra, invece, dove al momento c’è l’unica candidatura di Stefano Fassina, si comincia a parlare di primarie. Come dire: mai dire mai. E fino all’ultimo la situazione sarà suscettibile di colpi di scena. Un ulteriore prova del fatto che le amministrative di Roma saranno un laboratorio dal quale usciranno non sindaco e consiglieri, ma leader e candidati alle politiche. Va detto che il peso maggiore di questa strana competizione ricade su Matteo Salvini e Silvio Berlusconi, ormai arrivati all’imbocco dell’ultima curva prima del rettilineo finale. Prendete il leader del Carroccio, per esempio: “Gratitudine per il lavoro di Silvio Berlusconi, ma anche la convinzione che il centrodestra e Forza Italia debbano rinnovarsi”. Parole, quelle del segretario del Carroccio, che lasciano poco spazio all’immaginazione. Del resto l’erede di Bossi vorrebbe uno schieramento che “guardasse avanti e non al passato”. Ecco perché Roma è stato, e sarà, il cavallo di Troia per far saltare Palazzo Grazioli. Dal canto suo il cavaliere con la ridotta di Arcore, composta dal cerchio tragi-comico che vede in prima linea la senatrice Maria Rosaria Rossi e Francesca Pascale , non può certo pensare di essere ancora credibile. E soprattutto spendibile in una campagna porta a porta per il Comune di Roma. In fondo a ragione Salvini quando dice che nella famosa “foto di Bologna” che aveva visto i leader del centrodestra uniti sul palco, “eravamo belli tutti e tre”. Erano, perché ormai quel centrodestra non c’è più. “La candidatura di Gianfranco Fini nel 1993 ha sancito la nascita del centrodestra, quella della Meloni nel 2016 ne decreta la fine”, è la chiosa fulminante di Daniela Santanchè. Che, mai come in questo caso, fa calare la tripolina su una commedia durata già troppo. Peccato solo che la Capitale Roma, con tutti i suoi problemi, rischi di fare la fine della Roma di Nerone.