L’Italia ripudia la guerra. Questo recita l’articolo 11 della nostra Costituzione. Chi è che non lo conosce. Peccato però che venga costantemente disatteso. O, quantomeno, che ci sia il rischio che questo accada. Basta scorrere l’elenco delle spese previste quest’anno per l’acquisto o la fabbricazione di nuovi sistemi militari. Secondo l’attenta analisi della Rete Italiana Pace e Disarmo, la previsione di spesa militare dell’Italia nel 2024 raggiunge i 28,1 miliardi di euro, con un aumento di oltre 1400 milioni di euro rispetto al 2023: una crescita del 5,5 per cento sull’anno precedente.
Nel 2024 la spesa militare cresce di 1400 milioni di euro. Ma nessuno tassa gli extra-profitti delle aziende armate
Una cifra monstre che, evidentemente, mal si concilia con le politiche volte alla pace. Specie in un periodo certamente non facile dal punto di vista geopolitico, come quell che stiamo vivendo. Nel dettaglio, l’associazione pacifista sottolinea come per il solo Esercito si preveda la spesa di 8,2 miliardi per l’acquisto di 271 carri armati tedeschi Leopard 2A8 da sommare ai 125 carri armati Ariete ammodernati allo standard C2 al costo di quasi 1 miliardo di euro. Sono previsti anche altri 680 carri cingolati leggeri per rimpiazzare i carri Dardo e i M113: nel Documento di programmazione pluriennale dello scorso anno era prevista una spesa di 6 miliardi in quattordici anni, saliti a 15 miliardi nel nuovo Documento di programmazione pluriennale.
La previsione per il caccia di sesta generazione Tempest passa da 3,8 a 8,8 miliardi di euro
Nell’ambito dell’Aeronautica Militare si registra, invece, un aumento di spesa, per il caccia di sesta generazione Tempest, che passa dai 3,8 miliardi stimati lo scorso anno agli 8,8 miliardi riportati nel nuovo Documento di programmazione pluriennale. Resta, infine, la Marina Militare, per cui spunta la richiesta di una nuova coppia di fregate Fremm e l’aumento della previsione di spesa pluriennale per una seconda coppia di sottomarini U212 Nfs che passa da 1,8 a 2,4 miliardi. È presente anche un nuovo programma navale per i 12 cacciamine con una previsione di spesa decennale di 1,5 miliardi.
La questione, ovviamente, non poteva che far sobbalzare anche più di qualcuno in Parlamento. Non a caso il pentastellato Enrico Cappelletti ha prontamente depositato un’interpellanza urgente alla Camera, indirizzata al presidente del Consiglio Giorgia Meloni, al ministro della Difesa Guido Crosetto, al ministro degli Esteri Antonio Tajani e a quello dell’Economia Giancarlo Giorgetti. Anche perché ad aggravare il quadro è la notizia pubblicata il 12 gennaio 2024 dall’Osservatorio Mil€x sull’iniziativa tenuta proprio dal ministero della Difesa per due importanti programmi di riarmo per l’acquisto di droni armati di classe Male Astore prodotti dalla Leonardo e di batterie lanciamissili ATACMS di produzione americana. Insomma, costi su costi che si sommano e che porteranno ad un aumento spaventoso di esborsi “armati”.
Ma c’è un ulteriore aspetto sottolineato nell’atto parlamentare da Cappelletti. “Dalle analisi di Greenpeace tenute con il Merian Research emerge che nel 2022 – scrive il parlamentare pentastellato – gli extra profitti (utile netto) delle principali aziende esportatrici di armi italiane ammontano a 531 milioni di euro, aumentate del 68 per cento rispetto al 2021. Il 65 per cento per cento di questi utili è stato prodotto da Leonardo, che ha accresciuto il suo portafoglio ordini anche nel 2023”. Insomma, se almeno qualcuno tassasse gli extra-profitti ciò potrebbe significare quantomeno un importante introito per le casse pubbliche. E invece nulla. Anzi.
Nel 2022 531 milioni di euro di extra-margini per le imprese italiane. Il M5S chiede di tassarli
Come sottolinea ancora il deputato del Movimento cinque stelle, “dall’inizio del conflitto in Ucraina, i prezzi dei titoli delle compagnie del settore difesa quotate in borsa sono saliti in alto, spinti dalle aspettative degli operatori finanziari di un aumento delle spese militari”. Ecco perché “di fronte alle entrate record delle aziende produttrici di armi in un contesto di crisi internazionali dal quale conseguono danni significativi agli altri settori produttivi, si ravvisa l’opportunità di intraprendere iniziative legislative per tassare gli extra profitti delle aziende che operano nel settore della difesa”.
Da qui l’atto parlamentare del pentastellato, finalizzato non solo a sottolineare come ad oggi “le iniziative del Governo per la ricerca della pace rispetto ai conflitti emersi sono ritenute dall’interpellante deboli e insufficienti”, ma anche a far presente quanto significherebbe per le casse pubbliche tassare gli extra-profitti. Da qui il quesito rivolto alla premier e ai ministri coinvolti, “se non ritengano urgente intraprendere iniziative normative al fine di introdurre nel nostro ordinamento una tassazione degli extra profitti delle aziende che operano nel settore della Difesa”. Vedremo se qualcuno dall’esecutivo – e soprattutto chi, eventualmente – si degnerà di una risposta.