l risultato era più che mai scontato: lo scontro finale sul Tav si è chiuso con un risultato secco. Quattro a uno. Quattro come le mozioni a favore dell’Alta velocità Torino-Lione approvate dal Senato. Solo uno, invece, il documento contrario all’opera: quello del Movimento 5 stelle, respinto dall’aula di Palazzo Madama. Come annunciato, dunque, la maggioranza che sostiene il Governo di Giuseppe Conte si è spaccata. Anzi si è proprio sdoppiata. “Ormai ci sono due governi?”, hanno chiesto i cronisti al viceministro leghista Massimo Garavaglia. Che non ha risposto, limitandosi a sorridere. Garavaglia è uno dei due protagonisti di una sorta di “sdoppiamento di personalità” dell’esecutivo.
Quando la presidente del Senato, Elisabetta Casellati, ha dato la parola al governo, è intervenuto per invitare “a votare a favore di tutte le mozioni che dicono sì alla Tav, e contro chi blocca il Paese”. Con Garavaglia, però, si è alzato in piedi anche il sottosegretario grillino Vincenzo Santangelo. Che – dopo aver aspettato il suo turno, con aria perplessa – si è limitato a dire: “Il Governo si rimette alla decisione dell’Aula”. Tra le risate delle opposizioni e lo sguardo esterrefatto della maggioranza. E, d’altra parte, durante la discussione i ministri erano fisicamente separati: da una parte i leghisti, dall’altra i grillini.
FUOCO INCROCIATO. Ma a far rumore, nella discussione delle mozioni, è stato soprattutto l’intervento del capogruppo del Carroccio, Massimiliano Romeo, che ha lanciato una sorta di avvertimento agli alleati grillini: “Potremmo condividere la questione identitaria ma se fate parte del Governo e il presidente del Consiglio ha detto sì, dovete essere a favore della Tav, non ci sono alternative. Su un tema così importante avere due partiti di maggioranza, uno che vota in un modo e l’altro in un altro, pone sul tavolo una questione politica chiara e evidente: chi vota no alla Tav si prenderà la responsabilità politica delle scelte che seguiranno nei prossimi giorni e mesi”.
Alla fine la mozione dei 5 stelle contro il Tav l’hanno votata in 110: tutti i senatori grillini, quelli di Leu, più Tommaso Cerno, ex direttore dell’Espresso eletto a Palazzo Madama col Pd oggi molto critico con i dem. A bocciare la mozione No Tav sono stati in 180. Il blocco pro Parigi-Lione come annunciato era composto da senatori della Lega, del Pd, di Forza Italia, di Fratelli d’Italia e da Emma Bonino. Quattro le mozioni a favore della Tav approvate da Palazzo Madama: quella del Pd è passata con 180 sì, quella della leader radicale ha ottenuto 181 voti, quella di Fdi è passata con 181 sì, mentre quella di Fi I ha preso un voto in più, ottenendo 182 via libera.
MALUMORI NEL PD. Un risultato che il Movimento 5 stelle ha commentato con toni abbastanza netti quando ancora l’assemblea era in corso. “L’inciucio è servito“, è il testo del post pubblicato su Facebook dall’account ufficiale del Movimento 5 Stelle. Un commento riferito soprattutto al sostegno da parte della Lega alla mozione del Partito democratico. E, a proposito del Pd, nonostante l’attenzione sia tutta sulla maggioranza gialloverde, il partito di Nicola Zingaretti è riuscito a far parlare di sé anche ieri. Luigi Zanda, dopo la conclusione del voto, dice: “Sono a favore della Tav ma ho votato per disciplina del gruppo, perché politicamente sarebbe stato molto più utile uscire dall’Aula”.
Una posizione espressa anche da Carlo Calenda che ieri mattina è tornato all’attacco su Twitter: “Voto incomprensibile, ora il Pd non si lamenti”.Gli risponde la senatrice dem Simona Malpezzi: “Carlo, ma hai visto i numeri dell’Aula? Se il Pd fosse uscito come predichi da giorni, la mozione M5S non sarebbe passata ugualmente”. Stesso concetto espresso da tanti renziani. Insomma, anche il Pd non sta poi tanto bene.