Se avevi un rubinetto che perdeva, Romeo ti rifaceva il bagno. Se una tegola traballava, Romeo ti cambiava il tetto. Quasi uno spot, anzi meglio. Perché, ritardi a parte, negli anni in cui ha gestito il patrimonio immobiliare di Napoli, la società dell’“avvocato” aveva portafogli aperto e nessun limite di spesa. Per eseguire una qualunque opera di manutenzione non era neppure necessario ottenere l’autorizzazione degli uffici tecnici comunali, cosa che accade invece oggi per tutti i lavori che superano la soglia dei 1.500 euro. Dunque, non c’erano controlli sulle spese, né paletti per limare opere oggettivamente superflue o dai costi eccessivi. E se oggi la Napoli Servizi ha un budget che supera di poco i 3 milioni, e al di sotto di quel tetto deve limitare i costi di gestione, la Romeo Spa poteva invece disporre di qualunque cifra, salvo rendicontarla.
Romeo, storia di un flop
Ma mentre i ricavi oggi finiscono direttamente sui conti correnti del Comune di Napoli, a quei tempi i bonifici andavano sull’Iban del re degli appalti. Che tratteneva per sé anche parte degli introiti della vendita degli alloggi, per compensare la morosità dei fitti. Tutto a discrezione del privato. Con effetti che, nel sistema del “dare-avere”, hanno gravato irrimediabilmente sui conti pubblici con il risultato di consegnare, all’atto della dismissione del contratto col gruppo Romeo, il patrimonio immobiliare insieme ad un passivo di oltre 200 milioni.
Ecco perché non ce n’è uno (o quasi) che in Consiglio comunale non salti oggi dal proprio scranno quando sente paventare il ritorno di Romeo nella gestione dei beni cittadini, dopo che Gaetano Manfredi ha riaperto a questa possibilità. Quei 200 milioni di buco nel frattempo si sono intanto “ridotti” a 133. Ancora troppi. E per la seconda volta in otto anni la Procura della Corte dei conti ci sta mettendo il naso, tra responsabilità da individuare alla voce “negligenze” e allerta per il rischio di perdere i soldi del Patto per Napoli.
Un danno, quest’ultimo, più grave del credito non riscosso. Con un riverbero politico che ha preso il via con l’annuncio del primo cittadino di costituire, a gennaio, una nuova società a cui affidare i beni pubblici, liberando una quota ai privati. La possibilità di un ritorno proprio di Romeo è il risultato di un’equazione che neppure il sindaco ha voluto smentire, affidandosi a un “vedremo”.
Le reazioni
“Non siamo contrari a priori alla costituzione di una società ad hoc per la gestione del patrimonio, perché la qualità del servizio non è attualmente sufficiente e vanno esplorate soluzioni alternative. Restiamo però convinti che questo non avverrebbe affidandosi ai privati che hanno già dato prova di inefficienza in passato”. A dirlo è Sergio D’Angelo, consigliere comunale del gruppo Napoli Solidale e presidente di Gesco (consorzio che raggruppa le cooperative sociali), che scalcia da tempo per un posto in giunta, invocando deleghe al Personale e alle Partecipate.
Proprio nella sede della Napoli Servizi, D’Angelo ha inscenato nei giorni scorsi un’occupazione, alla testa degli operatori che reclamano l’adeguamento del contratto. Il consigliere comunale di Europa Verde, Luigi Carbone, non ha dubbi: “Nessun ritorno di Romeo. L’eventuale partner privato sarà scelto con avviso pubblico. Serve triangolazione con grandi soggetti”.