A Napoli il 34% dei cittadini perde occasioni di lavoro, di studio o addirittura non si cura adeguatamente a causa dei trasporti inadeguati. La città è fanalino di coda nel report pubblicato da Legambiente e Ipsos. Ne parliamo con Roberto Calise, esperto in trasporto pubblico locale e parte del team delle relazioni istituzionali di FlixBus Italia.
A Napoli la mobilità precaria impedisce a oltre un terzo dei cittadini di spostarsi. Dobbiamo considerarla un’emergenza?
“Secondo il dizionario Treccani, un’emergenza rappresenta una circostanza imprevista. Nel caso di Napoli, questo dato è strutturale. La stessa Legambiente, tramite un’altra ricerca, come il rapporto Pendolaria, fotografa da più dieci anni una tendenza al peggioramento che non mostra inversioni. Il trasporto pubblico o è affidabile e puntuale, o semplicemente non è. Quindi, a Napoli e provincia spesso non è considerata una reale opzione di mobilità”.
Oggi avere una mobilità precaria significa impedire occasioni di lavoro e di studio: lei ha parlato di classismo nei trasporti a Napoli, perché?
“Intere zone della città sono ai margini della pianificazione trasportistica. Il disegno stesso della rete metropolitana, nei fatti fermo al Piano delle Cento Stazioni redatto nel 2003 durante la sindacatura Iervolino, non risponde alle esigenze di una città mutata che con il boom del turismo dovrebbe provare a diventare più “larga”. Serve la metropolitana a Soccavo, a Pianura, ad Agnano. Serve il tram nell’area est. Zone quasi invisibili alla politica e che invece sono il futuro di una città che non può vivere solo di retorica sul centro storico”.
Su questo giornale abbiamo pubblicato un reportage dove dal centro alla zona ospedaliera se si ferma la metro è un’avventura anche potersi recare in ospedale. Come garantire collegamenti coi servizi essenziali?
“I trasporti sono essi stessi servizi essenziali. O almeno così dovrebbero essere considerati, soprattutto nelle grandi città. L’alternativa ai mezzi pubblici è già presente nelle nostre strade: sono le auto private, con i risultati che vediamo tutti i giorni in una delle città con il tasso di motorizzazione più alto. Quindi il tema è tenere sempre in efficienza i mezzi pubblici, diminuendo quanto più possibile le interruzioni”.
Riagganciandoci a questo ultimo punto: ci sono grandi investimenti nel trasporto su ferro. Secondo lei sarà sufficiente, al netto dei problemi di EAV, ANM e altre società?
“Temo di no. In Italia ci vuole molto tempo, spesso decenni, ma alla fine le opere si realizzano. La sfida è un attimo dopo aver tagliato il nastro dell’inaugurazione, ossia la gestione. C’è dunque un tema di manutenzione e soprattutto di fondi ordinari senza i quali il trasporto non si può esercire. Sarebbe importante provare ad allontanare le aziende di trasporto dalla politica, facendo apposite gare per l’affidamento dei servizi e aprendo così a nuovi soggetti”.
Il trasporto su gomma a Napoli è quasi una meteora. L’ANM sopravvive di fatto come azienda e dopo le 20 i bus sono un miraggio. Come si concilia con turismo e sviluppo?
“Non si concilia. I turisti non a caso lamentano la mancanza di servizi. Quando andiamo all’estero siamo affascinati della libertà e facilità con cui ci si muove in città per noi sconosciute. Chiarezza informativa, accessibilità, semplicità: tutti concetti sconosciuti alle aziende di trasporto campano, che non investono un Euro in tal senso. Comunque, tutto parte dai fondi per i servizi: ne servono di più per poter effettuare più corse, anche a tarda sera. In tal senso le aperture serali nel weekend di metro Linea 1 e funicolare Centrale vanno nella direzione giusta”.
C’è un suggerimento che darebbe a Comune e Regione su una cosa fare subito sui trasporti?
“Aprirsi alla cittadinanza. Ascoltare. Spiegare. Non calare progetti e programmi d’esercizio dall’alto. Siamo nell’epoca dei social e e della comunicazione orizzontale: oggi la pagina satirica sulla Circum è più seguita dei canali ufficiali”.