La città terz’ultima nel Rapporto sulla Qualità della vita del Sole 24 Ore riapre il dibattito e le polemiche su Napoli. Dopo l’allarme dei sindacati in piazza venerdì scorso per lo sciopero regionale, adesso questa nuova doccia fredda butta giù l’area metropolitana, finita sotto di altre sette posizioni rispetto all’anno scorso. Una palla lanciata alle opposizioni di destra e Cinque Stelle in Regione e della sola destra al Comune, che non si fanno pregare nello schiacciarla sul campo del governatore De Luca e del sindaco Manfredi. Napoli, però è in larga compagnia con molte altre grandi e medie città del Mezzogiorno, fino al fanalino di coda Foggia. Dall’economia alla gestione delle risorse del Pnrr fino alle questioni sociali aperte con la fine del Reddito di cittadinanza e il lavoro che non c’è, questa classifica apre – volente o nolente – un dibattito più ampio sull’intero Mezzogiorno e sul divario con il Nord. Anche se non tutta la lettura va fatta in negativo, come spiega il Rettore dell’Università Federico II, Matteo Lorito.
Il rapporto sulla Qualità della vita del Sole24Ore condanna Napoli al terz’ultimo posto: siamo così lontani da benessere, sviluppo e crescita?
“Il rapporto del Sole credo preveda tutta una serie di valutazioni che riguardano anche i servizi, la loro funzionalità a Napoli e nella città metropolitana. I problemi qui sono noti: la città esce da un periodo di non sviluppo e di disattenzione a quei servizi che creano benessere e crescita. Quindi bisogna dare tempo per ripartire, tenendo presente che siamo stati lasciati in condizioni economiche assolutamente disastrose. Questo è un dato oggettivo e certificato. Per contro, però, Napoli è molto attrattiva. Vuol dire che la bellezza, ma anche il benessere di chi vive qui sono attraenti per tutti, perché in questa città convivono una posizione, una storia, una qualità delle persone e un modo di affrontare la vita che permette di andare avanti anche quando la gestione della cosa pubblica non è delle migliori. O comunque di una qualità tale da essere valutata positivamente in un Rapporto come quello appena pubblicato dal Sole24Ore”.
Il primo dicembre scorso il segretario della Cgil, Landini, ha definito la fuga dei giovani dal Sud negli ultimi vent’anni un’emergenza del Paese. Dal suo osservatorio qual è la gravità del fenomeno?
“La fuga dei giovani dal Sud è un’emergenza annosa. Vari soggetti, enti e personalità, hanno denunciato questo fenomeno dovuto principalmente alla difficoltà di ingresso nel mondo del lavoro in tempi compatibili con quelle che sono le aspettative dei giovani. Perché se un giovane deve attendere anni per poter programmare la propria esistenza, tende a spostarsi in territori dove questa possibilità è più garantita. Rispetto al fenomeno, però, l’osservatorio di una grande Università come la Federico II è particolare. Fa riferimento a una grande macchina della conoscenza e della competenza che fornisce proprio a quei giovani – che poi spesso vanno a spendere questa competenza e questa conoscenza altrove – gli strumenti per poter trovare una prospettiva di vita in altri territori. Questa triste realtà, di contro, è pero la dimostrazione della qualità delle competenze che riusciamo a dare loro. L’emergenza in ogni caso sta cominciando a rallentare grazie alla spinta del Pnrr. È un grande impegno che abbiamo tutti, non solo l’Università, ma tutti gli enti territoriali che afferiscono ai finanziamenti”.
Sviluppo e crescita nel Mezzogiorno, dunque, passano dalla sfide del Pnrr. Ma secondo lei c’è un problema di competenza nel gestire queste risorse?
“La questione delle risorse per il Mezzogiorno è stata una prova evidente che non c’è un problema di competenze. Questo perlomeno nel settore della ricerca. In ogni caso è necessario riuscire a gestire queste risorse con le attuali normative che sono, come tutti sappiamo, molto complesse, e perciò hanno assolutamente bisogno di una semplificazione. Un’azione che comunque si sta realizzando con il nuovo codice degli appalti”.
L’Ateneo federiciano festeggerà 800 anni a giugno. Un patrimonio culturale, della ricerca e della formazione che bisogna difendere e proiettare nel futuro. Siamo pronti?
“Il nostro Ateneo come altri molto antichi, da Bologna a Padova, ha raccolto importanti esperienze costruite nei secoli grazie alle azioni di grandi menti, e oggi costituisce uno dei patrimoni più importanti del nostro Paese per la formazione delle competenze nelle nuove generazioni. Con tanto passato, certo che siamo pronti ”.
Cosa servirebbe di più dalle istituzioni nazionali e locali per la crescita di Napoli?
“Più attenzione verso gli Atenei, a partire dagli studenti. Quindi, più servizi per loro per non perdersi tra la mobilità e la mancanza di alloggi a prezzi accessibili”.