Va avanti anche oggi la Conferenza Unesco su Napoli, con cento milioni da spendere per il centro storico sul tavolo e le proteste dei comitati per il diritto all’abitare e delle reti ambientaliste, che saranno in piazza domani. Con questi soldi, infatti, si può fare molto per la città, ma anche molto male se si utilizzeranno per disperderne l’identità, svuotando i quartieri tradizionali delle loro storiche attività per farne una foresta di bed&brekfast, ristoranti e divertimenti per turisti. “Proprio sul turismo siamo al punto limite”, dice Antonio Bassolino, già sindaco ed esperto di grandi eventi e trasformazioni urbanistiche. L’ex primo cittadino oggi siede in consiglio comunale e lancia l’allarme sul rischio di “sfigurare” la composizione sociale del cuore antico della città.
Presidente, in questi giorni si sta svolgendo la Conferenza Unesco. Vista la sua esperienza amministrativa, questo grande evento cosa può portare concretamente alla città?
“I grandi eventi sono diversi tra loro. Per esempio il G7 del 1994, anzi G8 con la prima volta della Russia, riguardò i capi di Stato e fu molto importante perché rilanciò la città che ne fu protagonista. È diverso il forum di questi giorni, non per sminuirlo ovviamente, perchè ha la sua importanza mettendo insieme esperti di 194 Paesi del mondo: siamo una capitale Unesco e, quindi, c’è lo sguardo particolare sulla nostra città. Ma ovviamente altra cosa è il vertice dei Capi di Stato”.
A proposito di Unesco, ci sono cento milioni per aprire vecchi e nuovi cantieri. Ma abbiamo fatto bingo o no?
“Può essere un’occasione importante, sia utilizzando bene le risorse pubbliche e sia attivando quelle private che sono aggiuntive ai fondi che il progetto Unesco mette in moto. È una sfida che bisogna cogliere e saper portare avanti”.
Il centro storico però è stretto tra i progetti Unesco e il turismo di massa, con una parte della città che chiede di non sacrificare il diritto all’abitare del cuore antico. Cosa ne pensa?
“Dobbiamo stare molto attenti. Nei mesi scorsi ho più volte sollevato il problema: siamo arrivati a un punto limite. Il turismo può essere una risorsa importante per Napoli ma non bisogna superare un confine: deve essere collegato alla cultura che è il nostro patrimonio più importante. In alcune zone del centro siamo già oltre questa linea di demarcazione. Non possimao diventare una friggitoria a cielo aperto”.
Il punto limite è la difesa del patrimonio culturale?
”Dobbiamo valorizzare nel migliore dei modi il patrimonio storico del cuore antico. E stare attenti a non creare uno squilibrio che può essere molto pericoloso perché – come ho detto – si rischia di trasformare il centro storico in una grande cucina di pizzette e fritti. A Napoli è indispensabile la compresenza di diversi ceti sociali e bisogna evitare che fasce deboli della popolazione siano spinte ad andar via dai quartieri antichi”.
Il turismo rischia di far cambiare pelle a Napoli come fu con la speculazione edilizia degli anni Cinquanta?
“Dobbiamo essere vigili. La speculazione edilizia ha coinvolto la zona collinare della città. A Napoli basta alzare lo sguardo mentre si cammina per scorgere il massacro delle colline. Il problema del centro storico riguarda la riqualificazione di tante zone, ma va evitata una modifica accentuata del corpo sociale. Il centro storico ha una presenza di più forze sociali: lavoratori, fasce deboli, intellettuali, ceto medio e insegnanti. Questa presenza collettiva è fondamentale e dobbiamo evitare che un turismo indiscriminato, slegato dalla risorsa culturale con un eccesso dello street food, porti a un cambiamento negativo”.
Lei vede la capacità di governare questo fenomeno da parte delle istituzioni e degli operatori economici?
“La collaborazione di tutte le istituzioni, locali e nazionali, è necessaria. Ed è importante anche quella tra pubblico e privato. Però per fare ciò servono passi avanti, soprattutto tra le diverse istituzioni. Poi aggiungo: è molto importante anche il coinvolgimento dei cittadini. Se le istituzioni collaborano bene e se c’è un rapporto giusto con i privati si può incentivare in modo positivo la partecipazione dei cittadini, aspetto fondamentale di Napoli: in una città come la nostra la cittadinanza deve sentirsi protagonista di questo processo. Questo deve essere lo sforzo e l’impegno di tutti”.