Morto davanti alla Questura di Roma, altra vittima del disastro accoglienza

Uno straniero muore davanti alla Questura: una tragedia che svela la crudeltà di un sistema disumano e punitivo

Morto davanti alla Questura di Roma, altra vittima del disastro accoglienza

Un uomo è morto nella notte del 28 gennaio davanti all’Ufficio Stranieri della Questura di Roma, in via Patini. Un dramma che non può essere confinato alle cronache locali, perché svela un sistema crudele e disfunzionale, che trasforma la burocrazia in una barriera letale per chi cerca di sopravvivere.

Un sistema al collasso

Secondo le prime testimonianze, la vittima è una persona richiedente asilo, costretta a mettersi in fila fin dalla sera precedente per sperare di accedere all’ufficio e presentare la propria domanda. Una prassi disumana, giustificata dalla scelta delle autorità di accettare solo un numero ridotto di persone ogni giorno, lasciando le altre al freddo, in condizioni inaccettabili. Nella Roma del 2025, per ottenere un diritto costituzionalmente garantito, si rischia di morire.

Ma secondo la Questura di Roma, che e ha espresso cordoglio per la tragedia, la vittima “non era in fila per l’ufficio immigrazione” e ha precisato che l’uomo, un giovane romeno con un ordine di allontanamento, dormiva in strada. Una puntualizzazione che non cambia il cuore del problema: il sistema di accoglienza e gestione dei migranti è al collasso, intriso di logiche punitive piuttosto che di supporto.

Negli ultimi anni, la situazione davanti agli uffici immigrazione delle principali città italiane è diventata insostenibile. Le code notturne, il caos organizzativo e le politiche restrittive sono parte di una strategia che sembra voler scoraggiare le persone migranti dal presentare domanda di protezione internazionale. Il decreto-legge 133/2023 ha ulteriormente ridotto il numero di domande accolte, rendendo sempre più arduo l’accesso a un diritto fondamentale.

Una vergogna per l’Italia

Le parole della senatrice del Partito democratico Cecilia D’Elia non lasciano spazio a interpretazioni: “È una palese violazione dei diritti umani. La normativa e l’organizzazione del servizio pubblico sono pensate per dissuadere i migranti, fino al rischio di eventi tragici come questo”. Nonostante le denunce passate, nulla è cambiato. Anzi, la situazione è peggiorata.

La morte di quest’uomo è una vergogna per un Paese che si proclama democratico e civile. Non si tratta di un caso isolato: è il frutto di un sistema che disumanizza e criminalizza chi cerca protezione. È l’ennesima testimonianza di un razzismo di Stato che condanna alla sofferenza chi è già vulnerabile.

L’Unione Sindacale di Base (USB) ha indetto un presidio per mercoledì 29 gennaio, alle ore 16:00 in via Nazionale, per denunciare l’inaccettabile condizione a cui sono sottoposti i richiedenti asilo e i lavoratori stranieri in Italia. “Non è accettabile morire per ottenere un foglio di carta: questa è barbarie!”, si legge nella nota diffusa dall’organizzazione.

Il diritto a chiedere asilo non è una concessione, ma un obbligo sancito dalla Costituzione e dai trattati internazionali. Le associazioni continuano a ripetere quanto sia  urgente che il governo affronti con serietà questa emergenza, abbandonando politiche di dissuasione e adottando misure che garantiscano dignità e rispetto per tutte le persone. Perché dietro ogni vita persa c’è una sconfitta collettiva, che ci interroga come società e come esseri umani.