Passano i mesi, gli anni e le legislature, ma nulla ferma la piaga delle morti sul lavoro. Una strage, perché di questo si può e si deve parlare, che non è degna di un Paese che ambisce a definirsi “civile” e che, al contrario di quanto si possa pensare, non accenna a diminuire ma, anzi, aumenta.
Come si legge nell’ultima pubblicazione, risalente a tre giorni fa, dell’Osservatorio Sicurezza sul Lavoro e Ambiente Vega Engineering, in cui sono stati analizzati i dati sugli infortuni pubblicati dall’INAIL relativi al primo semestre del 2024, “le statistiche rivelano ancora una preoccupante tendenza al rialzo degli incidenti nei luoghi di lavoro” visto che “nei primi sei mesi del 2024, in Italia si sono registrate 469 vittime sul lavoro, di cui 364 in occasione di lavoro e 105 durante il tragitto casa-lavoro, con una media di 78 decessi mensili”.
Morti sul lavoro, nei primi sei mesi del 2024 registrate quasi tre vittime al giorno
Tanto per capirci, come spiega il rapporto, “rispetto allo stesso periodo del 2023, il totale delle vittime è aumentato di 19 unità (da 450 a 469), pari a un incremento del 4,2%” con “l’aumento più significativo che riguarda i decessi durante l’attività lavorativa, passati da 346 a 364, con un incremento del 5,2%”. Male anche “i decessi in itinere che sono cresciuti, da 104 a 105, registrando un aumento dell’1,0%”. I settori più colpiti, sempre secondo l’Osservatorio Sicurezza sul Lavoro e Ambiente Vega Engineering, sono quello “delle Costruzioni con 68 decessi durante l’attività lavorativa”, “seguito dalle Attività Manifatturiere (47), da Trasporti e Magazzinaggio (34) e dal Commercio (26)”.
Dati alla mano, le denunce totali “sono ancora maggiormente concentrate nelle Attività Manifatturiere (35.391), seguite da: Costruzioni (17.730), Sanità (17.275), Trasporto e Magazzinaggio (16.104) e Commercio (15.587)”. Guardando ai territori e in termini assoluti, “la Lombardia guida tristemente la classifica per numero di vittime in occasione di lavoro con 64 casi. Seguono: Emilia-Romagna (41), Lazio (39), Campania (35), Sicilia (30), Piemonte (23), Puglia (22), Toscana (21), Veneto (17), Trentino-Alto Adige (15), Calabria e Abruzzo (9), Liguria (8), Umbria (7), Friuli-Venezia Giulia, Sardegna e Marche (6), Basilicata (3), Valle d’Aosta (2) e Molise (1)”.
Morti sul lavoro, Conte chiede al governo di affrontare il problema
Davanti a questa continua strage – aggravata di ulteriori due decessi rispetto al rapporto -, il leader del Movimento 5 Stelle, Giuseppe Conte, ha incalzato le destre che sembrano non riuscire ad arginare il fenomeno. Giovedì ci sono stati “altri 2 morti sul lavoro. Due operai: uno di 24 anni in provincia di Nuoro e un altro, di 68 anni, a Scafati (Salerno)” e con questi “siamo a quasi 3 morti al giorno nei primi sei mesi del 2024, in aumento rispetto allo stesso periodo dello scorso anno”, ha tuonato il vertice dei pentastellati. “Di fronte a questa strage quotidiana le scelte del Governo ci preoccupano molto: le aziende verranno avvertite giorni prima delle ispezioni; alle imprese in regola non verranno più fatti controlli per 12 mesi; le violazioni commesse, sanzionate fino a 5mila euro, saranno risolte con una diffida da regolarizzare entro venti giorni; una patente a crediti basata su una autocertificazione che, per come è stata fatta, non serve a nulla”, continua Conte.
Lo stesso che poi, proseguendo il suo ragionamento, si chiede “chi paga per tutto questo? I lavoratori e le imprese oneste, che subiscono la concorrenza sleale di chi agisce illecitamente”. Parole, quelle del leader M5S, che non si limitano alle sole critiche perché Conte propone anche la sua ricetta per migliorare la situazione: “Al Governo continuiamo a chiedere di cambiare marcia e proponiamo: 1. introduzione del reato di omicidio sul lavoro; 2. istituzione di una Procura nazionale del lavoro; 3. estensione del Durc di congruità al settore agricolo; 4. introduzione dell’insegnamento della cultura della sicurezza nelle scuole. Presidente Meloni, ministra Calderone: battete un colpo. Basta morire di lavoro”. Proposte su cui, almeno per il momento, si registra il silenzio di tutta la maggioranza.