La Digos di Roma, su ordina della Procura, ha perquisito nei giorni l’abitazione dell’ex brigatista Paolo Persichetti. L’attività istruttoria, secondo quanto riferiscono fonti di Piazzale Clodio citate dall’Ansa, si colloca nell’ambito del filone ancora aperto a piazzale Clodio relativo al caso Moro. Persichetti è iscritto nel registro degli indagati, nel procedimento coordinato dal sostituto Eugenio Albamonte, per associazione sovversiva finalizzata al terrorismo e favoreggiamento.
Il procedimento nasce da una informativa della Digos del febbraio scorso ed è legato “alla fuoriuscita di documenti riservati”, spiegano fonti inquirenti, dalla Commissione Parlamentare d’inchiesta sul sequestro e sull’omicidio di Aldo Moro, e trovati nella disponibilità di Persichetti. Obiettivo di chi indaga è capire come l’uomo sia entrato in possesso dei documenti e se ci siano altre persone coinvolte. In base a quanto si apprende, inoltre, l’ex brigatista sarebbe al momento l’unico iscritto nel registro degli indagati.
“La libera ricerca storica è ormai divenuta un reato” ha detto l’ex Br, Paolo Persichetti, commentando con un intervento sul sito Insorgenze.net, la perquisizione ai suoi danni disposti dalla Procura di Roma che lo accusa di “divulgazione di materiale riservato acquisito e/o elaborato dalla Commissione Parlamentare d’inchiesta sul sequestro e l’omicidio dell’on. Aldo Moro”.
Persichetti, che oggi svolge l’attività di storico e ricercatore, spiega che gli uomini della Digos hanno proceduto all’attività istruttoria l’8 giugno scorso. Nel suo intervento l’ex brigatista, difeso dall’avvocato Francesco Romeo che ha presentato istanza al Riesame per chiedere il dissequestro del materiale, afferma che secondo la procura “da cinque anni e mezzo sarebbe attiva in questo Paese un’organizzazione sovversiva (capace di sfidare persino il lockdown) di cui nonostante le molte stagioni trascorse non si conoscono ancora il nome, i programmi, i testi e proclami pubblici e soprattutto le azioni concrete”.
L’ex brigatista prosegue il suo intervento aggiungendo che ciò “che è chiaro fin da subito è l’attacco senza precedenti alla libertà della ricerca storica, alla possibilitù di fare storia sugli anni 70, di considerare quel periodo ormai vecchio di 50 anni non un tabù”. E ancora: “mi sono state sottratte le tonnellate di appunti, schemi, note e materiali con i quali stavo preparando diversi libri e progetti”.