Va verso l’archiviazione l’inchiesta della Procura della Repubblica di Verona che vede indagato (leggi l’articolo), per cessione di sostanze stupefacenti, Luca Morisi, ex guru dei social di Matteo Salvini, che mettendo a punto la Bestia ha costruito la macchina del consenso del Capitano.
Le conversazioni in chat su Grinderboy, sito di incontri omosessuali, sarebbero la prova che non fu l’allora uomo di fiducia del Carroccio a cedere il Ghb, la droga dello stupro, ai due escort romeni con cui trascorse la notte del 14 agosto, ma che furono loro a proporre quella sostanza. Il difensore di Morisi, l’avvocato Fabio Pinelli, ha chiesto sin dall’inizio agli inquirenti di ascoltare il suo assistito, sostenendo che poteva dimostrare di non aver ceduto alcuna droga.
Peggiora invece la posizione dei due stranieri, Alexander e Petre. Quest’ultimo ha accusato il guru social di avergli ceduto, nella cascina a Belfiore, la droga dello stupro, facendo scattare una perquisizione da parte dei carabinieri, che aveva portato i militari dell’Arma a recuperare una modesta quantità di cocaina e a far aprire le indagini.
Intanto, circa le polemiche sulla cosiddetta macchina del fango messa in moto poco prima delle elezioni amministrative, l’ex ministro leghista Roberto Castelli, assicurando che il Carroccio è nato antifascista, specifica: “Noi non abbiamo perso le elezioni a Milano per Fanpage, abbiamo fatto i nostri errori, ma non è stato certo per un “pistola” infiltrato, né per la vicenda di Morisi che abbiamo perso”.