La fine tragica del Caimano, consumata sui gradini di un Procura e nei fumi della contestazione di una piazza convocata nell’ultima trincea. Il Papa triste che rimette il mandato petrino perché non può condurre ma ha bisogno di essere condotto. E prima ancora l’affranto dirigente politico che annega l’incapacità di dare risposte nelle note stonate rubate a Battiato per descrivere un “sentimento popolare” che non trova più spinta e partecipazione.
Insomma, Moretti è diventato con tutta probabilità e in modo assolutamente inconsapevole un profeta di cose più o meno tristi che sono accadute nel nostro Paese. Nei suoi film, e qui abbiamo parafrasato appena il Caimano, Habemus Papam e Palombella rossa, ha intercettato con significativo anticipo gli epiloghi di diversi percorsi legati, anche attraverso stagioni diverse, da un sottile filo che riduce tutto a un’inguaribile incertezza.
Il pessimismo che esprime è tutto giustificato. E non si riduce neanche nell’ultima e imprevista apparizione elettorale al fianco di Bersani, che lo ha trattenuto a viva forza sul palco per strappargli fino all’ultima briciola di svogliata marchetta. Moretti ha visto molto lontano ed ha decifrato frequenze ingiustamente snobate da tutti. Ed è per questo che non farà mai un film su una paranoia collettiva, come quella che è montata sulla apocalittica profezia dei Maya. Non ne farà film così. E non deve, anche perché altrimenti ci preoccupiamo…