Il primo dato, e forse quello più appariscente, è che per un consiglio regionale che conta 20 posti disponibili, il numero di candidati è a dir poco inquietante: 300. E di questi il solo Centrodestra, in una sorta di refrain dell’armata brancaleone, ne conta 180. Già questo dovrebbe far capire perché le elezioni regionali in Molise siano da tenere d’occhio. Se poi ci aggiungiamo che il risultato potrebbe essere determinante anche in ottica nazionale, è facile comprendere come la Regione “che non c’è”, invece esiste eccome. I molisani, però, avranno un largo ventaglio di scelte a propria disposizione. Volti nuovi, a cominciare da tutti e quattro i candidati alla presidenza (Andrea Greco per i 5 Stelle, Donato Toma per il centrodestra, Carlo Veneziale per il centrosinistra e Agostino Di Giacomo per Casapound), e volti meno nuovi. Usati e, spesso, riciclati. Non sono pochi, ad esempio, i voltagabbana. Massimiliano Scarabeo, per dire, è stato assessore della giunta uscente guidata da Pier Paolo Frattura (Pd), finché non è finito ai domiciliari per truffa ai danni della stessa Regione. Oggi Scarabeo ritenta la scalata, ma candidato con Forza Italia. Stesso “salto”, ma questa volta dal centrosinistra all’Udc, anche per Domenico Di Nunzio, mentre c’è chi ha provato quello carpiato, come Salvatore Micone: nel 2013 si è candidato con Grande Sud nella coalizione del centrodestra, nel 2016 è passato nella maggioranza di centrosinistra, per poi ricandidarsi ancora con l’Udc, a destra. Ma i giramenti di testa non finiscono mica qui. No, perché nel corso dell’ultima amministrazione, la Regione ha goduto di due presidenti di consiglio che si sono alternati. Cariche importanti, che solitamente vanno a persone di spicco della maggioranza (per dire, nel Lazio la carica è stata affidata a Daniele Leodori, il più votato del centrosinistra, coalizione vincente alle regionali del 4 marzo). Ecco, i due presidenti sono stati Vincenzo Niro e Vincenzo Cotugno. Con chi si ricandidano i due? Entrambi col centrodestra. Così, per non sbagliare. E probabilmente non c’è nemmeno da stupirsi se si pensa che Cotugno, per dire, è il cognato di Aldo Patriciello, eurodeputato e ras in Molise di Forza Italia. Piccolo appunto: alle politiche candidato alla Camera era l’altro cognato, Mario Pietracupa. Insomma, trombato uno, si punta sull’altro.
Ma è un’usanza, questa, che tocca tutti. Anche a sinistra. Per dire: candidati alle politiche erano anche Micaela Fanelli (segretaria regionale Pd) e l’ex assessore Vittorino Facciolla. Entrambi sconfitti, ci riprovano ora alle regionali. In ottima compagnia, peraltro. Tra i ricandidati c’è anche, immancabile, Cristiano Di Pietro, figlio di papà Tonino. E non è l’unico considerando che, degli uscenti venti consiglieri, soltanto tre hanno deciso di non ricandidarsi, mentre uno (il pentastellato Antonio Federico) nel frattempo è diventato deputato. Ma nell’esercito dei candidati ci sono anche gli eterni “vitaliziati”. Come Filoteo Di Sandro (candidato con Fratelli d’Italia) che, per la sua esperienza maturata in Regione, già riceve 3.418 euro mensili.
Perbene tour – Le curiosità, però, non finiscono qui. Al di là di storie date in pasto alla stampa, come quella dello zio camorrista di Andrea Greco (peccato che sia morto prima che Greco nascesse) su cui restano comunque delle domande (cosa avrebbero detto i pentastellati se fosse capitato a un candidato di centrodestra o centrosinistra?), spuntano vicende ben più pesanti. Come quella del già citato Niro, che negli anni ‘80 (all’epoca era un agente penitenziario) è stato condannato per una storia legata alla detenzione del boss Raffaele Cutolo (anche se poi, è doveroso precisarlo, è intervenuta una sentenza di riabilitazione). Una storia emersa agli onori della stampa (locale e nazionale), peraltro, già prima delle elezioni del 2013. Ma allora venne candidato e votato. E ora il desiderio è quello di ripetersi.
Non è questo, però, l’unico caso. Anche Michele Iorio, dopo essere uscito incredibilmente sconfitto alle politiche (era candidato al Senato), si ricandida con una lista civica che addirittura porta il suo nome. Così, per non dare nell’occhio. Ebbene, Iorio a gennaio è stato raggiunto da una condanna in appello a sei mesi per abuso d’ufficio. Stessa sorte anche per l’ex assessore regionale ai tempi dello stesso Iorio, Gianfranco Vitagliano, pure lui manco a dirlo candidato nella lista “Iorio per il Molise”. Insomma, il nuovo che avanza. E non può che venir da sorridere considerando che Toma, il candidato presidente dell’armata centrodestra, ha chiamato la sua campagna elettorale “Perbene Tour”. Mai nome fu più azzeccato.