Si è concluso con l’assoluzione del capogruppo della Lega alla Camera, Riccardo Molinari, il processo sul presunto falso elettorale alle elezioni comunali di Moncalieri del 2020. Per il leghista la Procura di Torino, rappresentata dal pubblico ministero Gianfranco Colace, chiedeva una condanna a otto mesi di reclusione, ossia al “minimo della pena”.
La vicenda fa riferimento alle elezioni nel comune piemontese del 2020 quando dall’elenco dei candidati fu depennato il nome di un ex di Forza Italia appena approdato alla Lega.
Secondo il pm Colace l’esclusione di Stefano Zacà fu decisa per “non fare uno sgarbo” a Paolo Zangrillo, esponente di Forza Italia e residente a Moncalieri (non imputato) e oggi ministro della Pubblica amministrazione. Una decisione che per il magistrato “è politicamente comprensibile. Ma la modalità scelta (la cancellazione del nome) è contraria alla legge. Un intervento sulla lista può farlo solo la commissione elettorale e mai per ragioni di opportunità politica, ma solo per irregolarità nella procedura”.
A suo dire “La soluzione doveva essere quella di ripetere la raccolta delle firme, anche se il tempo rimasto era poco. Così, invece, è stato alterato un atto”. Oltre a Molinari il processo riguarda anche Alessandro Benvenuto, già parlamentare e segretario provinciale della Lega, nonché Fabrizio Bruno, all’epoca delegato del partito al deposito delle liste, indicato dalla procura come autore materiale.
La difesa di Molinari
Accuse della Procura di Torino contro cui si era scagliata la difesa di Molinari, rappresentata dall’avvocato Luca Gastini, secondo cui “il reato non esiste”. Gastini, che ha parlato anche a nome degli altri imputati, in Aula aveva fatto notare che “tutti gli organi che si sono occupati di questa vicenda (Tar, Consiglio di Stato, commissioni elettorali) non hanno mai evidenziato profili di rilevanza penale”.
Secondo lui “la barratura sul nome di Zacà non contava nulla. Era soltanto la modalità operativa con cui si era resa più chiara la situazione: quel candidato non c’era, gli altri 23 sì. Di Zacà mancava l’accettazione e il curriculum, erano i due documenti indispensabili. Senza la barratura non sarebbe cambiato. Il falso quindi è totalmente irrilevante”. Una vicenda che all’epoca si concluse con Zacà che fu riammesso nella lista il primo settembre 2020 dal Consiglio di Stato, con le elezioni che si tennero regolarmente il 20 e 21 settembre.
L’esultanza per l’assoluzione
“Un abbraccio all’amico Riccardo Molinari, assolto dall’accusa di falso elettorale perché il fatto non sussiste. Anni di fango e di veleni spazzati via senza se e senza ma, alla faccia di chi – anche nelle scorse ore – evidenziava le richieste dell’accusa sperando in una condanna”. Così Matteo Salvini in una nota.