Non era un ruolo molto diplomatico quello di Gianluca Savoini nell’ottobre scorso a Mosca. Un particolare su cui, alla luce dell’inchiesta per corruzione internazionale aperta dalla Procura della Repubblica di Milano sull’incontro tra l’ex portavoce di Matteo Salvini, gli avvocati Gianluca Meranda e Francesco Vannucci e tre russi all’hotel Metropol, sembrano esserci pochi dubbi. E se mai fosse servita un’ulteriore conferma in tal senso è arrivata ieri pomeriggio a Montecitorio dal ministro degli esteri, Enzo Moavero Milanesi, che per la seconda volta si è trovato a dover affrontare in un’aula parlamentare il Russia-gate su cui davanti al Parlamento continua a tacere invece il ministro dell’interno e leader della Lega, nonostante l’ipotesi che a Mosca il suo uomo di fiducia sia andato a trattare una fornitura di gasolio da cui ricavare una maxi mazzetta utile al partito di Salvini per affrontare la campagna elettorale per le europee.
L’INTERROGAZIONE. Moavero è intervenuto per rispondere a un’interrogazione presentata dalla deputata dem Lia Quartapelle, sostenuta da altri otto colleghi del Partito democratico, sull’eventuale assistenza fornita a Savoini dall’ambasciata italiana a Mosca. Ed ecco che il ministro degli esteri ha cercato di allontanare qualsiasi ombra dai diplomatici. Solo in aula, come solo era stato al Senato la settimana scorsa il premier Giuseppe Conte, che cercando di fornire qualche spiegazione sull’affaire russo si è trovato anche con mezzo gruppo del Movimento 5 Stelle che quando lui ha iniziato a parlare ha lasciato l’aula, Moavero ha specificato che il 16 luglio 2018, quando Salvini incontrò in Russia il Consiglio per la sicurezza nazionale, Savoini era nella sua delegazione e la sua presenza era stata quindi notificata dall’ambasciata alle autorità russe.
Un particolare che sottolinea ancora una volta le bugie del Capitano, che su quella visita, rispondendo alla domanda sulla presenza dell’ex portavoce, disse: “Non so chi l’abbia invitato, chiedete ai russi”. Era invece sufficiente chiedere al Viminale. Sperando di ricevere almeno qualcuna di quelle risposte che non sono state fornite neppure a Conte prima di recarsi al Senato. E non è chiaro il perché dell’inserimento di Savoini nella delegazione, fatto tra l’altro all’ultimo minuto, visto che non ha alcun ruolo ufficiale al Ministero. “Non ha comunque chiesto né ricevuto assistenza dall’ambasciata”, ha specificato Moavero. Savoini, è ormai chiaro, nella terra di Vladimir Putin preferisce muoversi da solo. Senza nessuno al seguito. E gli viene stranamente concesso anche quando come nel luglio scorso faceva parte di una delegazione ufficiale. Ha partecipato in ambasciata all’incontro con la stampa e nulla più.
ALTRI DUBBI. Infine Moavero ha sostenuto che il 17 ottobre, quando Salvini ha incontrato la Confindustria russa e Savoini ha poi preso parte al misterioso incontro al Metropol, l’ex portavoce non compare neppure nella delegazione. Era presente a tutti gli appuntamenti ufficiali. Ma senza che quella presenza lasciasse traccia in una missione di Governo. Il Capitano tace. Ma il dettaglio fornito dal ministro degli esteri sembra eloquente. “Quanto alla visita del 17 ottobre 2018 – ha dichiarato Moavero – il signor Savoini non figurava nella lista degli accompagnatori fatta pervenire all’ambasciata. Di conseguenza l’ambasciata non ha prestato alcuna assistenza”. Il presidente dell’associazione cultura Lombardia-Russia era un’ombra. Era sempre pronto per un selfie o per un post. Seguiva passo passo il Capitano, ma facendo attenzione a restare fuori dai radar istituzionali e della stessa diplomazia.