Che il provvedimento sulle liste d’attesa avrebbe chiuso la lista dei decreti elettorali varati dal governo lo aveva promesso la premier. Ma forse Giorgia Meloni non aveva previsto che il suo piano per risolvere uno dei problemi che maggiormente attanagliano la vita degli italiani – oltre quattro milioni oggi rinunciano a curarsi – sarebbe stato accolto da una selva di fischi.
Il Consiglio dei ministri ha dato il via libera sia a un decreto legge sia a un disegno di legge. Un gioco delle tre carte per nascondere il fatto che le misure più importanti, per risolvere il problema delle lunghe liste, finiscono in un disegno di legge che chissà quando verrà approvato e poche altre norme finiscono nel decreto a costo zero.
Un piano per tagliare le liste d’attesa senza un euro
L’unica misura che richiede una copertura, di circa 250 milioni, è quella che riduce le tasse al 15% per i medici che fanno intramoenia per ridurre le liste di attesa.
Due provvedimenti che per il ministro della Salute, Orazio Schillaci, sono “frutto di un lavoro che ci ha visti confrontare con Regioni, ordini professionali e associazioni”.
Ma proprio le Regioni sbugiardano il ministro. Raffaele Donini, coordinatore della Commissione Salute in sede di Conferenza delle Regioni, lamenta l’assenza di concertazione dicendo di aver ricevuto il decreto a poche ore dal Cdm. Un decreto che Donini definisce “astratto e privo di coperture”.
Le critiche al piano del governo
Meloni parla di “passi in avanti molto significativi”. Non la pensano così le opposizioni. Per la segretaria Pd Elly Schlein è “un decreto fuffa quello con cui pensano di affrontare le liste di attesa per cui gli italiani aspettano anche due anni per una gastroscopia senza mettere risorse, la presa in giro che hanno fatto ai cittadini a 5 giorni dal voto”.
Attacca anche il M5S: “La montagna ha partorito un topolino. Il famoso decreto sulle liste d’attesa approvato dal Cdm è estremamente deludente, privo di risorse e di urgenza, un mero spot elettorale in vista delle Europee”.
“Il nodo è quello delle risorse – afferma l’ex ministro Roberto Speranza – ogni riforma senza risorse, a quattro giorni dalle elezioni, è pura propaganda”.
Le misure del ddl e del decreto legge
Sono due i testi nei quali si è spalmato l’intervento del governo. Da una lato il decreto legge, in tutto 7 articoli con una piattaforma nazionale per il monitoraggio, che dovrà dialogare con quelle regionali, un Cup unico regionale o infraregionale con tutte le prestazioni disponibili del pubblico e dei convenzionati.
Se le visite non vengono erogate nei tempi previsti dalle classi di priorità, viene garantita la prestazione in intramoenia o nel privato accreditato. Divieto di sospendere o chiudere le agende. Un sistema di ‘recall’ eviterà il fenomeno delle prestazioni prenotate e non effettuate. Si potranno poi fare visite ed esami anche il sabato e la domenica. E in ogni azienda ospedaliera le ore di intramoenia non dovranno superare l’attività ordinaria. Il tetto di spesa dal 2025 per il personale – promette Schillaci – verrà abolito.
Prevista anche una flat tax al 15% delle prestazioni orarie aggiuntive dei sanitari impegnati nella riduzione delle liste. Tra le misure principali del disegno di legge (15 articoli) c’è l’aumento del 20% delle tariffe orarie per il personale per i servizi aggiuntivi contro le liste d’attesa, la possibilità per gli specializzandi di incarichi libero professionali fino a 10 ore settimanali.
E le misure contro i gettonisti con la possibilità di assumere con contratti di lavoro autonomo. L’aumento dei limiti di spesa per l’acquisto di prestazioni sanitarie da privati accreditati. Inoltre le Regioni assegnano obiettivi annuali sulla riduzione delle liste di attesa per la valutazione e la verifica dell’attività dei direttori regionali della sanità e dei direttori generali delle aziende. Previsti premi, sanzioni e anche la sospensione.