Dal primo luglio con la fine del blocco dei licenziamenti continuano a cadere teste. Il 3 luglio sono stati licenziati con una mail 152 operai dalla “Gianetti Fad Wheel”, azienda di lavorazione metalli di Ceriano Laghetto (Monza). Il 6 luglio la Fiom ha annunciato che dall’8 luglio 12 lavoratori della Shiloh di Verrès andranno a casa. E di ieri è la notizia che la Gkn chiude il proprio stabilimento di Campi Bisenzio (Firenze) e ha aperto la procedura di licenziamento collettivo per tutti i 422 dipendenti. Anche in questo caso la multinazionale, che produce componenti per l’automotive, ha comunicato le sue intenzioni via email.
“Un comportamento intollerabile – denuncia la Fiom Cgil – anche alla luce dell’avviso comune firmato dalle parti sociali e dal Governo lo scorso 29 giugno e dei meccanismi di gestione delle crisi previsti dalla legge e dal contratto nazionale”. Protestano anche i partiti. Eppure tutti (forze politiche e sindacati) avevano applaudito alla famosa mediazione del premier Draghi. Ovvero da luglio fine del divieto di licenziare (si salva solo il tessile allargato). Per tutti gli altri settori possibilità di far ricorso ad altre settimane di Cig gratuita a patto di non licenziare.
Va da sé che chi decide di non far ricorso alla Cig può licenziare. Per scongiurare questa possibilità l’ex banchiere ha preteso che le parti sociali in una nota si impegnassero a raccomandare l’utilizzo degli ammortizzatori sociali in alternativa alla risoluzione dei rapporti di lavoro. Ma appare chiaro che tale raccomandazioni non funzionano. Minimizza il presidente degli industriali, Carlo Bonomi (nella foto): “Le aziende che stanno procedendo a chiusure potevano licenziare anche prima. Chi vuole strumentalmente utilizzare questi argomenti vuole solo fare polemica”.
Ma Confindustria Firenze non la pensa così e prende le distanze dalla decisione di Gkn. In calcio d’angolo il M5S riesce, invece, a tornare indietro sullo smantellamento del decreto Dignità. Con un emendamento presentato dai relatori al Sostegni-bis, approvato ieri in commissione Bilancio alla Camera, è stata modificata la norma sui contratti a termine licenziata mercoledì dalla stessa commissione che di fatto smontava il decreto M5S che pone un argine alla proliferazione dei contratti precari.
L’emendamento prevede che “fino al 30 settembre 2022, qualora si verifichino specifiche esigenze previste dai contratti collettivi di lavoro, al contratto di lavoro subordinato può essere apposto un termine di durata superiore ai 12 mesi ma comunque non eccedente i 24 mesi’’. In questo modo, superata la fase emergenziale, il decreto Dignità tornerà alla sua formulazione originaria.