Per una volta il Pd e il Movimento 5 Stelle sono d’accordo, in maniera totale. Talmente tanto che potrebbero presentarsi dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, con una posizione identica: chiedere le elezioni anticipate. Ma per arrivare a questa visione comune deve verificarsi un evento molto rilevante: la vittoria del No al referendum del 4 dicembre, che – salvo ripensamenti – dovrebbe costringere alle dimissioni Matteo Renzi. Il presidente del Consiglio, al di là dei tatticismi di comunicazione, aveva legato il suo successo politico all’approvazione della riforma. E se dovesse subire il ko non può far finta di niente: un passaggio al Quirinale sarebbe obbligato. Tanto che la morsa di dichiarazioni sta mettendo sotto pressione in anticipo il Colle, che in silenzio sta già vagliando le soluzioni. Dunque, nel caso in cui gli elettori dovessero bocciare della Costituzione, dem e pentastellati sarebbero alla base del Partito del Voto: quello che non è disponibile ad accettare alcun discorso sul prolungamento della legislatura.
Riflessioni comuni – Il vicesegretario del Pd, Lorenzo Guerini, si è fatto interprete del pensiero renziano: “Se non ci saranno le condizioni politiche e la riforma elettorale sarà usata come una scusa per un governo di sopravvivenza, noi non siamo interessati”. Certo, poi il numero due del partito ha dovuto puntualizzare che le “prerogative sono del presidente della Repubblica” per ridimensionare la tirata per la giacca poco istituzionale data a Mattarella. Guerini, del resto, ha solo detto in maniera chiara quel che Renzi sta lasciando intendere in maniera sibillina: a lui “non interessano governicchi”. La posizione del Pd è in pratica uguale a quella espressa da uno dei big pentastellati, il vicepresidente della Camera Luigi Di Maio: “Se vince il No, il Parlamento è attrezzato per fare una nuova legge elettorale in due-tre settimane. Poi si deve andare a votare. Ma se la legge elettorale si trasforma nella scusa per tirare a campare fino al 2018, noi non ci stiamo”.
Alle urne – Il Partito del Voto si presenta come una forza eterogenea nella sua composizione, ma della quella il capo dello Stato dovrebbe tenere conto. Numeri alla mano, infatti, non si potrebbe formare nessuna maggioranza alternativa, anche se durante le crisi di Governo tende sempre a emergere l’antico istinto di sopravvivenza del politico, che lo porta a salvaguardare lo scranno parlamentare e cercare di chiudere regolarmente la legislatura senza rinunciare in anticipo a tutti i benefit, vedi indennizzo e diarie. Ma se quasi tre quarti del Parlamento dovesse battere sul tasto delle elezioni anticipate, Mattarella avrebbe si troverebbe a passare in una strettoia. E, per la linea finora seguita, diventa difficile immaginare un particolare colpo d’ala. Così, visto il periodo, si potrebbe parlare anche di miracolo natalizio: con Pd e 5 Stelle a braccetto. A chiedere di mettere il sigillo alla legislatura e tornare, a pochi mesi dai veleni referendari, ancora una volta in campagna elettorale.