Che le frizioni ci siano, è cosa nota. Che non sono semplicemente scosse, ma avvisaglie di una tempesta che potrebbe sconvolgere l’Esecutivo, è altrettanto noto. Perché sul codice delle organizzazioni non governative e sulla partita dell’accoglienza ai migranti, potrebbe giocarsi il futuro del Governo di Paolo Gentiloni. All’interno dell’Esecutivo, infatti, non sono poche le voci di coloro che sono assolutamente contrari al codice pensato e ideato dal Viminale e dal ministro Marco Minniti. Per capire quanto concreto sia lo scontro, facciamo un piccolo passo indietro. Lunedì era giorno di consiglio dei ministri. A mancare, tra gli altri, lo stesso Minniti. E, a sentire le malelingue, non sarebbe stato solo un caso, tanto che in serata è arrivata la nota direttamente del Quirinale con Sergio Mattarella che, esplicitamente si è schierato a favore della linea dura con le ong assunta dal Viminale. La vicenda, se avesse avuto poco rilievo, sarebbe potuta morire lì. E invece no. Ieri a tornare all’attacco è stato il ministro Graziano Delrio con un’intervista molto dura rilascita a La Repubblica: “Siamo in guerra contro gli scafisti, non con le ong”, ha detto lanciando un chiaro messaggio a Minniti. Ma, in realtà, Delrio non è che l’ultimo a parlare contro il Viminale. Perché, andando a ritroso, il “capo” del nascente “partito delle ong” va ritrovato in Andrea Orlando che, forse, sta sfruttando l’ennesima frattura governativa nella sua personalissima lotta contro il renzianesimo. “Dobbiamo disciplinare – ha detto il Guardasigilli – il settore senza correre il rischio di una criminalizzazione indiscriminata: non può passare il messaggio, come mediaticamente in parte sta avvenendo, che le ong siano quasi una promanazione degli scafisti”. D’altronde non è un mistero che sempre Orlando usò parole non proprio edificanti nei confronti del lavoro di Carmelo Zuccaro, il pm di Catania che per primo ha aperto uno sqaurcio sui rapporti tra ong e scafisti. A quanto pare, peraltro, anche Dario Franceschini si sarebbe schierato a favore delle ong e dei due colleghi di Governo, lasciando quasi in minoranza Minniti che, appunto, è arrivato per queste ragioni a paventare eventuali dimissioni.
A destra si esulta – E mentre Gentiloni ha scelto la strada del silenzio e della trattativa sottobanco per tentare di risolvere le spaccature interne, ad esultare – stranamente ma nemmeno tanto – sono i partiti di destra, tutti solidali con Minniti e le sue politiche. “Siamo favorevoli al codice di condotta per le Ong e alla missione militare in Libia, è quello che sosteniamo da anni”, ha dichiarato ieri Lucio Malan, lasciando intendere da che parte stia Forza Italia. E sulla stessa scia, ieri, anche Mara Carfagna e il partito di Angelino Alfano. Ma la nota più dura (e anche questa a favore di Minniti) è arrivata da Giorgio Merlo, della direzione nazionale del Pd: “È curioso che su questo tema ci sia chi, anche dall’interno del Governo, metta in discussione una decisione che resta l’unica per gestire e disciplinare un fenomeno epocale come quello dell’immigrazione”. Un chiaro attacco a Orlando, Delrio & co. Che invece hanno ricevuto il sostegno, tra gli altri, dei partiti più a sinistra, delle stesse organizzazioni non governative. E, particolare non da poco, del Vaticano che, per bocca dello scalabriniano Fabio Baggio, sottosegretario della Sezione migranti e rifugiati della Santa Sede, ha fatto sapere che per combattere il traffico e la tratta di migranti occorre “aprire vie di accesso legali e sicure, attraverso politiche e leggi mirate e lungimiranti” visto che “le politiche migratorie restrittive hanno spesso contribuito ad aumentare l’offerta di canali alternativi di migrazione”. Una posizione dura. Che forse, chissà, ha influito anche sulle uscite di Delrio, da sempre vicino al mondo cattolico.