di Lapo Mazzei
Se sarà un rimpasto, un rimpastino o un rimpastone, con tanto di girandola di poltrone al punto di parlare di Letta-bis, è ancora presto per dirlo. Ma l’ipotesi di un corposo rinnovamento nella squadra di governo si rafforza di giorno in giorno, facendo calare le quotazioni delle elezioni anticipate. A pesare, soprattutto in questa fase, sono solo l’accelerazione dell’agenda dell’esecutivo chiesta da Matteo Renzi (che però esclude al momento qualsiasi avvicendamento ministeriale) ma anche le vicende personali e politiche di alcuni esponenti dell’esecutivo, a partire da Nunzia De Girolamo, l’ultima ad apparire sulla scena ma la prima nell’agenda del premier. E, come ne non bastasse, ieri c’è stata la convocazione in procura del prefetto Giuseppe Procaccini, un atto formale che ha contribuito a riaprire il caso Shalabayeva, che qualche mese fa ha investito in pieno il vicepremier Angelino Alfano. Secondo il funzionario il ministro sapeva che i kazaki erano alla ricerca di Mukhtar Ablyazov. Insomma, un quadro sempre più complicato che si arricchisce ogni giorno che passa. Per questa ragione dal Messico, dove è in visita ufficiale, il premier Letta ha richiamato tutti alla necessità di cogliere l’occasione per un’inversione di tendenza nella crisi. “Il 2014 è per noi un anno fondamentale, il primo anno che non comincia con l’emergenza finanziaria e in cui ci sono opportunità per la crescita” ha assicurato l’inquilino di Palazzo Chigi. In Italia, però, è il dibattito sui ministri a dominare il confronto politico e non certo le buone intenzioni. La titolare delle Politiche agricole è finita nella bufera per una vicenda legata all’Asl di Benevento da più parti stigmatizzata. Il Movimento 5 Stelle ha chiesto al presidente del Senato Pietro Grasso che la De Girolamo si presenti in Aula al più presto per chiarire la sua posizione e in quella sede potrebbe presentare una mozione di sfiducia. Toni duri verso De Girolamo però non mancano neppure nel Pd. “Siamo pronti a chiederne le dimissioni” dice il renziano Paolo Gentiloni. Ma anche il bersaniano Roberto Speranza ha avvertito che il Pd “è stanco di occuparsi delle vicende dei ministri”. In difesa della De Girolamo invece Francesco Boccia, marito della ministra. “Chi sbaglia paga, sempre, ma chi sbaglia lo decide la magistratura” ha sottolineato il deputato del Pd. Peccato che esistano anche le responsabilità politiche, dalle quali un ministro della Repubblica, quale è la moglie Nunzia, non può certo prescindere. E, soprattutto, non può esistere la doppia morale.
La richiesta di Scelta Civica
Ma non c’è solo la De Girolamo nella lista di ministri che potrebbero cedere il passo, anche se sul rimpasto frena il ministro dei Trasporti Maurizio Lupi. “Prima del cambio di squadra va rilanciata con forza l’azione del governo”, ha chiarito. Ostenta invece tranquillità Annamaria Cancellieri, indicata tra i possibili ministri in uscita dall’esecutivo. “Deciderà la politica, è un tema che non mi appartiene, assolutamente” ha assicurato. Da Scelta civica, intanto, arriva la richiesta del rafforzamento del governo, con l’ingresso dei segretari di tutti i partiti della maggioranza. Siano tutti nominati “vicepresidenti del Consiglio dei ministri”, ha chiesto Ilaria Borletti Buitoni. Chi di certo ha già definitivamente lasciato il governo è Stefano Fassina. Ieri è arrivata alla Camera la comunicazione ufficiale delle dimissioni del deputato Pd da viceministro dell’Economia, controfirmate dal presidente della Repubblica. Un posto libero che potrebbe essere assegnato ai renziani. Ma l’aspetto che preoccupa maggiormente Palazzo Chigi è che i principali indiziati a cedere il passo sono i componenti dell’intera filiera economica del governo delle “piccole intese”. Per motivi diversi, Fabrizio Saccomanni, Enrico Giovannini e Flavio Zanonato (titolari rispettivamente dei dicasteri dell’Economia, del Lavoro e dello Sviluppo economico) sono nel mirino tanto dell’ala renziana del Pd che del centrodestra. Lo stesso Renzi, contrariamente al solito, ha sollevato la questione sul titolare del dicastero di via XX settembre. “Il problema non è Saccomanni, il problema è la forma mentis burocratica” ha spiegato il sindaco di Firenze al Corriere della Sera, “È la politica che non decide e non agisce”. Parole che arrivano qualche giorno dopo quelle di Dario Nardella, che del sindaco di Firenze è stato il vice, che aveva tagliato il problema con l’accetta: “Al Mef serve un politico”. Salvo poi fare mezza marcia indietro, ma dando il polso di quale sia il parere dell’inner circle del segretario sul lavoro dell’ex alto funzionario di Bankitalia.