Pur di portare a termine le proprie indagini, il pubblico ministero di Bari Michele Ruggiero (nella foto) era disposto a tutto. Anche a passare dall’altro lato della barricata costringendo, con “modalità intimidatorie e violenze verbali” come si legge nell’avviso di conclusione indagini, due testimoni a dichiarare di essere a conoscenza di episodi di consegna di tangenti su cui il magistrato stava lavorando. Al magistrato, lo stesso che quando era Trani aveva indagato sulle agenzie di rating Standard & Poor’s e Fitch e sulla presunta correlazione tra vaccini e autismo (il primo procedimento concluso con assoluzioni, il secondo archiviato), la Procura di Lecce contesta il reato di falso ideologico per aver omesso i dettagli dei verbali di sommarie informazioni di altri tre testimoni “fornendo una rappresentazione assolutamente falsa di quanto avvenuto in sua presenza ed una sintesi per nulla corrispondente all’effettivo tenore di domande e risposte”.
Atti che poi avrebbe utilizzato per chiedere e ottenere l’arresto, nel giugno 2016, del presunto corrotto, il funzionario del Comune di Trani Sergio De Feudis, tutt’ora imputato per quelle vicende nel processo sul cosiddetto “sistema Trani”. Nel fascicolo, oltre al pm, è indagato per un singolo episodio di falso anche un poliziotto della Digos di Bari, Michele Tisci. Secondo quanto accertato dalla procura di Bari, nel 2015 Ruggiero stava lavorando su una presunta tangentopoli nel trapanese. Peccato che mentre stava ascoltando a sommarie informazioni un testimone decisivo, quest’ultimo si tirava indietro. “A fronte delle negazioni” fornite durante l’audizione, il magistrato rispondeva nel peggiore dei modi, ossia minacciando l’uomo di possibili gravi conseguenze penali. Così, in quello che appare un modus operandi a dir poco discutibile, il pm avrebbe dato il peggio di sé dicendo al testimone cose come: “Ti stavamo per arrestare”; “anche la sola indagine a tuo carico ti creerebbe un casino di problemi per la laurea, per il tuo futuro”; “stai attento a quello che dici”; “io le cose le so già e te ne andrai in carcere pure tu”.
Nonostante ciò, la posizione del testimone non cambiava così il magistrato insisteva affermando “ti sto sottoponendo a questa specie di chiacchierata interrogatorio che verrà tutta fono registrata per darti la possibilità di salvarti” e “tu mo ti puoi alzare, te ne vai e poi ci vedremo tra un mesetto però in una diversa posizione, tu dietro le sbarre e io da un’altra parte … non ti sto impaurendo…ti sto dicendo quello che succederà perché noi sappiamo”. Comportamento del tutto analogo a quello tenuto con un’altra testimone a cui, sempre secondo i pm di Lecce, Ruggiero avrebbe contestato un “atteggiamento omertoso e mafioso”.
Basterebbe questo per gridare allo scandalo ma, sfortunatamente, c’è di più. Il pubblico ministero Ruggiero, infatti, non è nuovo a guai con la giustizia. Nemmeno un anno fa e per fatti del tutto analoghi, è stato condannato dal tribunale di Lecce a un anno di reclusione per concorso in tentata violenza privata con il collega tranese Alessandro Pesce. In quel caso l’indagine ha svelato le pressioni che, secondo l’accusa, i due magistrati hanno esercitato su tre testimoni di un processo per costringerli ad ammettere di essere al corrente del pagamento di tangenti all’ex comandante della polizia municipale di Trani, Antonio Modugno, nella fornitura di photored, un dispositivo elettronico installato agli incroci per il controllo sulle auto.