di Carmine Gazzanni
Oggi non c’è nulla da festeggiare. E non (solo) perché, come ormai anche la retorica vuole, “le donne si festeggiano tutti i giorni”, ma perché aldilà di continui annunci e promesse, il Governo di Matteo Renzi troppo poco ha fatto e sta facendo nel campo delle politiche di genere e di tutela alle donne. Di più: “quest’esecutivo ha dimostrato di aver completamente dimenticato dalla propria agenda le donne”, come ci dice Titti Carrano, la presidente di una delle associazioni più impegnate nell’ambito, D.i.Re (Donne in rete contro la violenza). Basterebbe un piccolo particolare per rendersi conto dello stato delle cose: il governo Renzi, a differenza dei suoi predecessori, non ha mai previsto per le Pari Opportunità un ministro. “Con la spending review – dice ancora la dottoressa Carrano a LaNotizia – è stato il primo ministero ad essere tagliato, a testimonianza del fatto che per Renzi le pari opportunità non rappresentino una priorità”. Ma c’è di più. Fino a novembre il premier aveva assegnato la delega a un suo consigliere, Giovanna Martelli. Peccato, però, che la Martelli, in lite proprio con Renzi, abbia rassegnato le dimissioni e sia uscita dallo stesso Pd. Ebbene, a distanza di cinque mesi il premier non ha previsto nessun altro consigliere, trattenendo a sé la delega. “Renzi – commenta ancora la Carrano – ha sempre detto che mantiene la delega proprio perché vuole occuparsi della cosa personalmente, ma finora aldilà di annunci è stato fatto molto poco”. Talmente poco che non solo non c’è un ministro specifico, non solo non c’è un consigliere ad hoc, ma addirittura il dipartimento per le Pari Opportunità manca da mesi e mesi anche di un capo dipartimento. Insomma, si lavora alla deriva. Senza alcun coordinamento.
ZERO FATTI – E il risultato è che le politiche di genere sono in alto mare. Anzi, non esistono proprio. Purtroppo. L’elenco di quanto promesso e poi non fatto è impressionantemente lungo. Per dirne una: con l’approvazione del Jobs Act (siamo all’11 giugno 2015) si prevedeva la possibilità per le donne vittime di violenza maschile di usufruire di tre mesi di aspettativa per i maltrattamenti subiti. Peccato però che dopo nove mesi l’Inps non abbia ancora recepito la norma con una circolare attuativa. Ergo: per nessuna donna è possibile usufruire di tale opportunità. Andiamo avanti. Con l’ultima Legge di Stabilità è stato istituito il “Percorso di tutela delle vittime di violenza” (già “codice rosa o codice rosa bianca”) a tutela delle vittime di violenza (minori, donne, persone anziane, persone con disabilità). Peccato però che venga assimilata la violenza maschile contro le donne a qualunque altra subita da soggetti “deboli e vulnerabili”: “è inaccettabile nel contenuto e anche nella forma, dal momento che neutralizza la questione della violenza maschile nei confronti delle donne, ignorandone le ragioni culturali e storiche”, denunciano ancora le associazioni. Non solo: il Percorso doveva essere istituito con decreto attuativo entro 30 giorni dall’entrata in vigore della legge. Ergo, entro il 21 gennaio. Ma, ovviamente, niente è stato fatto.
ABORTI: DEPENALIZZAZIONE COL TRUCCO – Basta così? Certo che no. Passiamo al decreto legislativo sulle depenalizzazioni partorito dal Consiglio dei Ministri il 15 gennaio scorso. Ecco, partorito è il termine giusto. Il Governo, infatti, ha previsto anche la cancellazione del reato penale per chi abortisce oltre i 90 giorni di gravidanza (contemplato nella famosa legge 194). Ma contestualmente è stato previsto anche l’inasprimento della multa per il reato di aborto clandestino che all’articolo 19 della legge 194 era fissata a 51 euro (cifra simbolica e nulla più) e che ora il Governo ha portato a una cifra “record” che può oscillare fra i 5mila e i 10 mila euro. Un cambio di registro che potrebbe avere danni a dir poco incalcolabili, se si pensa – come denunciato ancora dalle associazioni in difesa delle donne – “che abortire legalmente e in sicurezza nel nostro paese sta diventando impossibile, visto che il 70 per cento dei medici sono obiettori di coscienza”. Un esempio? Secondo gli ultimi dati, per dirne una, in Molise oltre il 90% dei medici è obiettore di coscienza. Con la conseguenza che, se si vuole abortire, in molti casi si è costretti a farlo “clandestinamente”. E, dunque, a pagare multe, da gennaio, a dir poco surreali.
PIANO PIANO, ANTI-VIOLENZA – Che dire, infine, del Piano Antiviolenza? Qui si addensano i più clamorosi ritardi. Il Progetto doveva partire nel 2013. E invece ci sono voluti ulteriori due anni. Oggi, però, di come siano stati impiegati i 16 milioni stanziati per i centri antiviolenza, si sa ben poco: solo sette Regioni hanno dato conto con trasparenza dell’utilizzo dei fondi pubblici stanziati dal Governo per combattere la violenza maschile e appena cinque hanno pubblicato l’elenco dei centri antiviolenza che hanno avuto o avranno i fondi. E, come se non bastasse, almeno fino a novembre 2015 non è stato speso un solo centesimo dei soldi stanziati (e in molti casi nemmeno impegnati). Un grave vulnus, denunciato in una serie di lettere pubbliche indirizzate a Renzi dall’associazione D.i.Re. “Ma a nessuna di queste il premier ha mai risposto”, ci dice la Carrano. Tutto tace insomma. Ovviamente.
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